«Il centrosinistra vince solo quando è largo e plurale e sa raccogliere esperienze civiche». A mettere il dito sulla piaga è Andrea Orlando, leader della minoranza Pd. Le amministrative non sono andate bene per il Pd, il dato era annunciato ma la certificazione fa male. Orlando rilancia la sua idea coalizionista: il 28 sarà a Roma con Giuliano Pisapia per costruire un ponte con l’ex sindaco di Milano. «Ormai è urgente», spiegano i suoi.

Al Nazareno il responsabile enti locali Matteo Ricci e il ministro Martina, l’uomo delegato alla mission impossible di «coprire» Renzi sul fianco sinistro, celebrano con fatica le (scarse) vittorie: il dato nazionale del partito è basso, al 16,6%, ma va aggiunta, spiegano, una parte del 20% delle liste civiche. 22 i sindaci, 86 quelli al ballottaggio, di cui 45 in testa. Ma la verità è che nelle città più grandi il Pd si prepara alla sconfitta.

A GENOVA, città che rischia di essere un simbolo come due anni fa lo fu la Liguria consegnata al forzista gentile Giovanni Toti, lo scontro fra il centrosinistra di Gianni Crivello (33,39%) e la sinistra-sinistra guidata dall’ex grillino Putti (4,87) rende impraticabile la convergenza. Putti lo annuncia già: «Decideremo insieme ma il mio indirizzo è non dare indicazioni al ballottaggio. Non troverei un motivo per votare Bucci o Crivello, il primo parla alla pancia senza risolvere i problemi, l’altro non li ha risolti portando Genova nelle condizioni di difficoltà in cui si trova». In ogni caso i voti di «Chiamami Genova» non basterebbero con il centrodestra unito da Marco Bucci al 38,8 e con il vento in poppa.

«I conti si fanno alla fine, da qui ai prossimi quindici giorni pancia a terra sulle comunali poi si faranno i ragionamenti del caso sul livello nazionale», sospira Martina. Ma lo sguardo «al livello nazionale» per il Nazareno è già preoccupato. Sul banco degli imputati c’è Matteo Renzi. Quello dell’autosufficienza, delle proposte «impotabili» a Giuliano Pisapia e dei veti agli ex Pd. Che in mattinata spiega ai suoi che non chiederà il premio di maggioranza nella legge elettorale.

RENZI LIQUIDA su facebook il voto con uno scarno «in bocca al lupo» ai rimasti in gara. In mattinata sale in macchina con il presidente del Lazio Zingaretti alla volta di Amatrice, epicentro del terremoto e della ricostruzione che stenta.
Metafora amara. In vista dei ballottaggi si aspetta un suo gesto (interessatamente) distensivo verso la sinistra. Ma c’è un fatto: dai candidati ancora in lizza non sono arrivati inviti all’ex premier. Non è la prima volta. La sua presenza nelle città è considerata «troppo divisiva». Controproducente.

DALLA SINISTRA fino a pochi giorni fa impegnata nel tentativo di una lista comune, altra mission impossible, i risultati non sono smaglianti, a parte pochi casi sparsi: Rieti, e la Palermo di Leoluca Orlando. Per il resto, il dato è frastagliato. E le analisi persino contrapposte. «L’elettorato del centrosinistra deluso e in attesa si colloca nell’astensione», dice il presidente della Toscana Enrico Rosso, «è la conferma che c’è spazio e bisogno di costruire una forza a sinistra del Pd». Lettura diversa da quella che viene dall’area Pisapia, quella che si è offerta alle primarie di coalizione con il Pd (ricevendo fin qui un silenzio che è un rifiuto9. «Il centrodestra unito è competitivo», è l’allarme di Massimiliano Smeriglio, vice di Zingaretti nel Lazio, «il centrosinistra tiene quando prevalgono le ragioni dell’unità e i profili di discontinuità e civismo». Da questa parte si guarda a Padova e Catanzaro. Le liste di sinistra si affermano bene (rispettivamente: quella di Arturo Lorenzoni che sfiora il 23, quella di Nicola Fiorita che arriva al 23,3) e saranno determinanti per il ballottaggi. Ma in entrambi i casi i candidati sono propensi a convergere sul candidato del centrosinistra che passa il turno. A Rieti l’uscente Simone Petrangeli (ex Sel, con un’ampia coalizione di sinistra che include anche il Pd) tocca il 41,7 per cento, ma resta dietro al candidato di centrodestra. «In tutti i ballottaggi noi comunque sosterremo i candidati di centrosinistra», assicura Roberto Speranza a nome di Mdp.

Ma non sempre vale il reciproco. La sinistra-sinistra rifiuta la lettura pro-coalizione del voto. Stefano Fassina invita alla cautela e ironizza sull’«euforia dei nostalgici del centrosinistra». E invece esalta il dato della sinistra anti-Pd: «Dalle città arriva la linfa per il progetto nazionale di sinistra civica, autonoma, alternativa al Pd in avvio il prossimo 18 giugno». Il riferimento è all’appuntamento dei «civici» guidati dall’avvocata Anna Falcone e dal professore Tomaso Montanari a Roma.