A dispetto della tonante propaganda berlusconiana, i segnali che ieri sera sono arrivati dal vertice di Villa San Martino sono moderatamente rassicuranti. Il governo rischia meno di quanto non abbiano minacciato i falchi del Pdl. Il che dovrebbe essere una buona notizia per il Pd che, a parole, augura lunga vita al governo Letta.

Il fatto è che se la crisi si allontana, il congresso si avvicina. E con il congresso l’irresistibile ascesa di Renzi alla segreteria del Pd. Quella che Massimo D’Alema vede come fumo negli occhi. Ieri il presidente di Italianieuropei, dopo aver mezzo smentito una cronaca del Fatto che riferiva alcune sue frasi su Renzi («Per il futuro immagino Cuperlo alla segreteria e Renzi a Palazzo Chigi»), in realtà ha confermato le sue convinzioni: sostiene Cuperlo al congresso, ma in caso di primarie per la premiership «il candidato più probabile sarebbe Renzi». «Probabile» o «immaginato»: la differenza lessicale non sfugge, ma la sostanza politica non cambia. E non è un complimento per Letta, indicato dai bersaniani doc (Fassina, Zoggia, Stumpo) come l’anti-Renzi per Palazzo Chigi.

Per la verità non lo è neanche per Cuperlo, nei fatti sconsigliato dal suo elettore di maggior lustro ad un’eventuale corsa, ora o poi, da premier. Ieri il candidato della sinistra Pd, dalla festa di Siena, ha replicato con eleganza: «Ora dobbiamo scegliere il futuro del Pd e la persona più adatta a cui affidarlo nella prossima stagione. Quando i tempi lo definiranno si tratterà, sulla base anche della coalizione a cui daremo vita, di scegliere il candidato premier della coalizione del centrosinistra».

Ovvero il candidato di una cosa che assomiglierà alla rottamata alleanza con Sel e Vendola, l’amico dai tempi della Fgci: «Dobbiamo ripartire dall’esperienza positiva di Italia Bene comune». La sottolineatura di Cuperlo è più di un gesto di cortesia: è la presa d’atto che negli ultimi tempi le dichiarazioni di interesse di Sel nei confronti di Renzi si sono infittite. Non è un mistero l’avvicinamento del vicepresidente del Lazio Massimiliano Smeriglio a Goffredo Bettini, che predica il big bang a sinistra e guarda a Renzi. Di più, i giovani della rete Tilt Camp, movimento autonomo ma vicino a Sel, nel consueto campeggio di settembre ospiteranno proprio il king maker del Campidoglio in uno dei work shop di punta.

Ma è soprattutto nel Pd che le truppe di Renzi si gonfiano di giorno in giorno, sguarnendo le sfiduciate file cuperliane e quelle pugnaci bersanian-franceschiniane. Resta di capire che farà proprio Letta, che fin qui ha chiesto anche ai suoi più stretti collaboratori di non coinvolgerlo nelle dinamiche congressuali. Alcuni renziani, a dispetto delle polemiche di questi giorni, giurano che regge il patto di «non belligeranza» stretto fra il sindaco e il premier nei giorni della sua nomina a Palazzo Chigi. Durante la vacanza californiana di Renzi, dalla quale è appena tornato, i due si sono sentiti. Da questi colloqui il sindaco avrebbe ricavato la convinzione che il governo non è in procinto di cadere: almeno non per mano di Berlusconi. Letta si dichiara «fiducioso». Martedì 28, alla vigilia del fatidico consiglio che affronterà l’Imu, i ministri del Pd sono stati chiamati da Franceschini, per non presentarsi in ordine sparso in quella che sarà la riunione nella quale si misurerà la tenuta del governo, anche per parte il Pd. In attesa che il 30 agosto, alle feste di Forlì e Reggio Emilia Renzi rompa il digiuno mediatico e faccia capire se il congresso e il nuovo segretario non suoneranno la campana a morto per il governo. Un strada difficilissima, auspicata ieri dal lettian-renziano Francesco Boccia sul Foglio. E nedita nel centrosinistra.