Il giorno è arrivato, Bernie Sanders – in New Hampshire – ha finalmente dato l’endorsement ad Hillary Clinton. Il suo appoggio a Clinton blinda il partito intorno al candidato probabilmente meno entusiasmante degli ultimi decenni. Da questo «endorsement» chi ne esce vittorioso è proprio lui, Bernie Sanders, che, sconosciuto fino a soli pochi mesi fa, ha di fatto dettato il programma dei democratici.

Così Clinton va alle elezioni praticamente col programma di Sanders; entrata come moderata in questa campagna, ne uscirà, almeno per ciò che riguarda la politica interna, come una radical, o aspirante tale.

Sanità, minimo sindacale, istruzione gratuita per chi proviene da una famiglia con un reddito annuo inferiore a 125mila dollari, ma più di tutto un rinnovamento interno del partito che passerà attraverso primarie aperte, la porta per attuare quella political revolution che ha infiammato gli animi degli americani in questi mesi.

Di fatto Sanders la spallata ideologica non l’ha data solo al partito democratico ma agli Stati uniti nella loro totalità, perché ormai, il termine «socialista», che veniva rivolto al candidato Obama come un insulto, è ora un aggettivo come un altro. «Col tuo aiuto potremo costruire un futuro in cui credere» ha detto Clinton rivolta a Sanders e parafrasando il suo slogan, lo ha poi ringraziato per ciò che ha fatto anche durante la campagna elettorale. «È passato il tempo in cui gli interessi particolari dei ricchi dettavano legge a Washington», ha detto Hillary Clinton e Bernie Sanders ha sorriso e applaudito.

Eppure, lei non ha promesso di rinunciare alle mega donazioni: dopo l’evento ha in programma di volare a New York per una matinée privata del musical di Broadway «Hamilton» per i donatori che hanno dato da 2.700 dollari fino a 100mila per la sua campagna o per il Comitato nazionale democratico .

Anche per ragioni di questo tipo molti sostenitori di Sanders sono ancora scettici sull’andare a votare per lei; bisogna vedere quanto lo spauracchio di una presidenza Trump sarà un collante per la base così come lo è stato per il partito.

Winnie Wong, co-fondatore di People for Bernie, ha detto che il gruppo sta concentrando gli sforzi nello spiegare i danni che una presidenza Trump potrebbe fare.
«Farò il possibile, non possiamo permetterci una presidenza di Donald Trump e penso che la maggior parte del movimento lo stia già capendo».