«Mi rendo conto del male che ho fatto e chiedo scusa ai familiari delle vittime». Così Cesare Battisti al pm Alberto Nobili, responsabile dell’anti-terrorismo a Milano, che coordina le indagini sulle presunte coperture che l’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo) avrebbe avuto durante la latitanza. Il pm ha sentito Battisti tra sabato e domenica della scorsa settimana durante un interrogatorio, richiesto dal detenuto, nel carcere di Oristano, dove Battisti è stato trasferito dopo il suo arresto in Bolivia il 19 gennaio scorso.

SECONDO IL RESOCONTO FORNITO dal procuratore di Milano, Battisti durante l’interrogatorio ha detto che «gli anni di piombo hanno ucciso il Sessantotto» e che «la lotta armata ha impedito lo sviluppo della rivoluzione culturale, sociale e politica nata negli anni Sessanta». Battisti ha anche detto a Nobili di non avere goduto di alcuna copertura occulta durante la latitanza. «Battisti – aggiunge il magistrato – ha dichiarato di essersi avvalso delle sue dichiarazioni di innocenza per ottenere appoggi dell’estrema sinistra in Francia, in Messico e in Brasile, e dello stesso Lula». Battisti, spiegano ancora i magistrati milanesi, ha tenuto a precisare di non aver commesso alcun reato per mantenersi, di essere stato aiutato economicamente da esponenti dell’estrema sinistra ma di avere anche lavorato: ha ricordato i suoi quattro libri, le collaborazioni con riviste e tv e anche un impiego come portiere in un hotel. «Allora, all’epoca dei Pac, ci credevo, come tanti altri», ha detto Battisti secondo il suo avvocato, Davide Steccanella, parlando della partecipazione, negli anni Settanta, a quella che sempre Battisti ha definito «una guerra civile, un’insurrezione armata contro lo Stato». Ripensare a quel periodo, spiega Steccanela, provoca ora a Battisti «un disagio umano». L’avvocato dice anche di sperare che la confessione e le scuse possano togliere al suo assistito «quell’alone di pericolosità che non ha più. Non si è mai considerato un irriducibile: già dagli inizi degli anni Ottanta per lui la lotta armata era finita».

ARRESTATO A GENNAIO dopo quasi quarant’anni di latitanza, Battisti ha ammesso per la prima volta, davanti a Nobili, di essere responsabile dei quattro omicidi per cui è stato condannato in via definitiva, due commessi materialmente, due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978.
Battisti si era finora sempre dichiarato innocente. Ora ammette tutto. La confessione e le scuse possono facilitargli, in linea di principio, l’ottenimento di benefici rispetto al regime detentivo: cancellare il rischio del 41 bis e rendere possibili misure come i permessi fuori del carcere.

«ORA POSSIAMO DIRE che tutto quello che è stato ricostruito nelle sentenze definitive sui Pac, corrisponde al vero», dice il pm Nobili, al quale Battisti ha anche spiegato: «Parlo delle mie responsabilità, non farò i nomi di nessuno». «L’ammissione di Battisti – aggiunge il procuratore di Milano, Francesco Greco – fa giustizia di tante polemiche che ci sono state in questi anni e fa chiarezza su un gruppo, i Pac, che ha agito dalla fine degli anni Settanta in modo efferato».

Puntuale il commento del ministro dell’interno e vicepremier Matteo Salvini: «A distanza di qualche decennio Battisti ha chiesto scusa. Meglio tardi che mai. Ora mi aspetto chiedano scusa gli pseudointellettuali di sinistra che hanno coperto e difeso questo squallido personaggio».

REPLICA A SALVINI L’AVVOCATO di Battisti, che spiega a che cosa servono, soprattutto, la confessione e le scuse. «La speranza – dice Steccanella – è quella di restituire un’immagine giusta dell’uomo, che non è il mostro che viene descritto, ma una persona che per 40 anni non ha più commesso delitti e ha voluto rivisitare autocriticamente la sua vita e un periodo tragico della storia recente del nostro paese».