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Dichiara di occuparsi di filosofia, arte, politica e si presenta, al primo numero, con un approfondimento sul rifiuto del lavoro. OperaViva, nuova, sofisticata rivista online, è in questa pluridimensionalità che rivela con precisione l’intento di affondo del reale, la volontà di farsi spazio di nascita e materiale organizzazione di un immaginario sottratto alla rassegnazione e alla paura.

Una nuova arma nello strumentario di lotta all’infelicità diffusa, pensata ed agita nella trincea contro la cattura e la valorizzazione neoliberista degli affetti, degli spazi, delle relazioni e delle passioni. Non indica ma significa la lotta, la monta sulla superficie del comune lanciando in aria coriandoli d’oro, a ricordare, in primo luogo, che l’asfissia del possibile è solo una menzogna orchestrata, un dispositivo per chiudere, blindare, lasciar morire i desideri.

Attraverso questi varchi nella percezione del sensibile assesta i suoi colpi: interrogazioni della facoltà e degli strumenti di analisi. Ribaltamento dei dispositivi autoriali che popolano l’industria culturale, respingimento della esperienza dell’alienazione che si compone della disperazione dei singoli, quando sono incapaci di pensarsi corpo sociale. E anche creazione di questo corpo, dichiarazione di essere moltitudine irriducibile, manifesto e laboratorio per la non arrendevolezza.

La rivista (www.operaviva.info), nata da un’idea di Ilaria Bussoni e Nicolas Martino, attorno ai quali si è costituito un eterogeno collettivo di appassionati ribelli alla sussunzione delle vite, è organizzata per immagini e testi.

Le prime sono quelle di un artista che ogni mese illustra interamente OperaViva. Ora le opere di Claire Fontaine, i suoi neon che lanciano messaggi di luce come «Siamo con voi nella notte», dedicata in origine ai detenuti politici, affinché dalle sbarre delle loro celle potessero ricordarsi del mondo al di là, che di loro non aveva perso memoria. E che poi si è trasformata per darsi anche a chi fugge dalle prigioni della guerra e della miseria, figurandosi come un faro che accoglie, come una sirena che grida l’impossibilità di pensare che l’uomo abbia diversa dignità a seconda della parte del confine che abita.

Gli articoli si presentano nella prima parte come editoriali-linee di fuga, poi come focus-trivelle che affondano nella retorica degli argomenti per smascherarne l’inconsistenza e rovesciarne l’andamento. Come questo, sul rifiuto del lavoro, confezionato coraggiosamente ai tempi del precariato usato dai governi come dispositivo di disciplinamento, in base al quale, essendo altissimi i livelli di disoccupazione, reclamare diritti e garanzie è diventato inopportuno. Contro questo paradosso OperaViva ricorda che il lavoro gratuito è sfruttamento, e che il rifiuto del lavoro è lotta per la liberazione delle vite. Che la paura rinchiude, che la gioia libera.

La sezione «Portolano» raccoglie le rubriche, recensioni di libri che viaggiano fuori dal circuito mainstream, saggi brevi e lunghi, il tentativo di una enciclopedia di una tradizione critica (operaismo, post-operaismo, situazionismo, femminismo) che è bene avere sempre a portata di mano.
Alla rivista è collegata anche una collana di libri pubblicati dai tipi di DeriveApprodi, tra gli ultimi La vita comune di Paolo Godani e L’anima al lavoro di Franco Berardi Bifo (recensito su queste pagine il 15 maggio 2016), e una collana di film, «capaci di critica del modo in cui volgiamo lo sguardo e percepiamo», come Kommunisten di Jean-Marie Straub e Wenn aus dem Himmel di Fabrizio Ferraro.

«Non è il caso di aver paura né di sperare». L’avvertimento di Deleuze qui non è lasciato cadere.