Aveva 51 anni e si è tolto la vita impiccandosi a un pilastro del magazzino dell’azienda Rosati di Leinì, hinterland torinese attraversato da una crisi industriale che imperversa da almeno otto anni. Qui, decine di fabbriche in poco tempo sono passate di proprietà, cedute dagli antichi fondatori a nuove rampanti multinazionali spesso straniere.

I posti di lavori perduti si contano a migliaia, buona parte dei quali operai metalmeccanici che non hanno più trovato ricollocazione con pari dignità.

Alcune aziende hanno resistito riorganizzando il processo produttivo. La Rosati, ditta che produce ventilatori industriali e agricoli con circa 40 dipendenti, è stata acquisita da un gruppo tedesco.

Claudio Quadrini lavorava lì da vent’anni, una lunga carriera operaia culminata in un aumento di responsabilità organizzative, che potrebbero aver acuito fino all’estremo uno stress lungamente covato.

Le voci che provengono dall’interno della fabbrica raccontano che le ultime parole di Claudio sarebbero state piene di sconforto e rabbia per un mondo del lavoro che non riconosceva più. Ma sulle motivazioni del gesto estremo non ci sono certezze, lo precisano sia il sindacato (la Fiom) sia gli inquirenti. Quadrini non ha lasciato biglietti né messaggi.

L’unica certezza è il luogo scelto, la sua fabbrica, dove l’hanno trovato impiccato i suoi colleghi. Quando il medico del 118 ha raggiunto l’uomo, il suo cuore aveva già smesso di battere. Quadrini era stato da poco promosso capo magazziniere e negli ultimi tempi si era lamentato con i compagni dell’eccessiva mole di lavoro. Aveva raccontato, dalle testimonianze raccolte dai carabinieri, di non riuscire più a stare dietro a tutte le mansioni richieste.

Il Piemonte è stata, a gennaio 2017, la regione con la maggiore richiesta di cassa integrazione. Dati fortunatamente in calo a febbraio nella provincia di Torino, la più colpita della regione. La crisi non trova soluzione e porta alla creazione di nuovi carichi di lavoro a fronte di uno scarso se non nullo incremento occupazionale.

Sull’accaduto si è espresso Ezio Locatelli, rieletto segretario provinciale di Rifondazione comunista: «Il lavoro è deprivato da tutele ed è vissuto come eccessivamente pesante. Questo è un caso paradigmatico, la punta dell’iceberg di una condizione sempre più diffusa e precaria. Torino è la realtà più impoverita d’Italia nonché la più esposta».

Giorgio Airaudo, deputato di Sinistra Italiana-Possibile, ha dichiarato: «Esprimo a nome di Sinistra Italiana le più sentite condoglianze alla famiglia del lavoratore della Rosati di Leinì suicidatosi per il troppo lavoro. Il paradosso Italia: pochi costretti ad ammazzarsi di lavoro mentre la maggior parte è soggetta a precarietà e sfruttamento. Basta. In Italia non si può morire di lavoro».

La salma di Quadrini è stata trasportata all’ospedale di Chivasso a disposizione della procura di Ivrea. Nei prossimi giorni sarà più chiaro quanto abbia inciso la condizione lavorativa nella drammatica scelta del 51enne padre di famiglia di Leinì.