«Ancora una volta, oltre a svolgere le nostre operazioni di ricerca e soccorso e a proteggere la vita di centinaia di donne, uomini e bambini, ci troviamo a dover denunciare le continue omissioni di soccorso, i respingimenti per procura, il coordinamento europeo di milizie armate, finanziate e addestrate per recuperare chi fugge. Il Mediterraneo centrale è ormai di fatto una terra di nessuno, dove non è presente alcun coordinamento europeo, né assetti navali governativi che possano garantire l’incolumità di chi è alla deriva e ha bisogno di aiuto». E’ il racconto amaro dei volontari di Open Arms e Emergency arrivati ieri nel porto di Pozzallo, in Sicilia, dove hanno potuto sbarcare 209 migranti, tra i quali 11 donne e 41 minori, tratti i salvo in tre differenti interventi di soccorso. Sottoposti a tampone tutti i migranti, di nazionalità libica, marocchina ed egiziana, sono risultati negativi e i minori, tra i quali sei fratelli, trasferiti i strutture adeguate.

Quella che si è appena conclusa è stata una missione particolarmente difficile durante la quale la ong spagnola ha dovuto far fronte e numerose richieste di aiuto da parte di imbarcazioni in difficoltà ricevuti e trasmessi a Open Arms da Alarm Phone e dagli aerei civili Colibrì e Moonbird. Spesso, però, gli sforzi di arrivare i tempo per soccorrere i migranti sono risultati inutili: «Raggiunta la posizione indicata – ha spiegato ieri la ong – le imbarcazioni risultavano sparite nel nulla, riportate di fatto indietro dalla cosiddetta guardia costiera libica come confermato dai dati dell’Oim, secondo i quali nell’ultimo weekend sono state 1000 le persone intercettate e respinte in Libia, un paese non sicuro, in cui le violazioni dei diritti sono costanti e la violenza è strumento di estorsione e ricatti».

A ulteriore conferma di quanto accade nel Paese nordafricano, e dei comportamenti della Marina libica nei confronti dei migranti, c’è poi anche la testimonianza resa a Lampedusa da u giovane arrivato autonomamente: «Lui e alcuni suoi compagni di viaggio – hanno spiegato i volontari dell’associazione Forum Lampedusa – hanno raccontato di essere stati vittime del tragico naufragio avvenuto il 18 marzo scorso, al largo delle coste della Libia. Il barcone su cui viaggiavano è andato a fuoco, affondando e provocando la morte di decine di persone. Secondo il racconto del sopravvissuto, una volta a terra la Guardia costiera libica avrebbe lasciato i feriti privi di cure «mirandosi a riconsegnare le persone ai trafficanti».

Intanto a Lampedusa proseguono gli sbarchi. Dopo gli oltre 300 approdati mercoledì, ieri sulla più grande delle Pelagie sono ripresi gli arrivi complici le condizioni meteo favorevoli con 281 nuovi arrivi. Tutti, dopo un primo triage sanitario, sono stati condotti nell’hotspot di contrada Imbriacola. Nell’isola sono sbarcati anche 80 migranti per i quali ieri mattina Alarm Phone aveva lanciato l’allarme.