I naufraghi salvati da Open Arms sono finalmente scesi dalla nave umanitaria, dopo un’attesa che in alcuni casi è durata anche 10 giorni. Al momento, però, non hanno ancora toccato la terraferma: sono stati trasbordati ieri pomeriggio sulla nave quarantena Allegra senza mai entrare entrare in porto.

Inizialmente a bordo erano 276, messi al sicuro in tre diverse operazioni di soccorso tra l’8 e il 10 settembre. Quando nel primo pomeriggio è arrivata l’autorizzazione al trasbordo, però, erano rimasti solo in 140. Tolte tre persone evacuate per ragioni mediche, tra cui due donne incinte, tutti gli altri si erano lanciati in mare esasperati dal prolungato diniego allo sbarco in Italia. Gli ultimi 48 hanno scelto il gesto estremo ieri mattina.

L’esito della vicenda era ormai scontato: impensabile costringere ancora i naufraghi sul ponte di Open Arms. La lunga attesa, nel frattempo, aveva scatenato le reazioni degli esponenti della destra che da Roberto Calderoli ad Anna Maria Bernini hanno chiesto ironicamente: «Se al Viminale ci fosse ancora Salvini, sarebbe già scattata un’inchiesta per sequestro di persona?». Quello che riguarda la nave della Ong spagnola fondata da Oscar Camps, infatti, è il procedimento penale per cui il Senato ha votato a luglio scorso l’autorizzazione a procedere contro l’ex ministro dell’Interno.

«È assolutamente necessario un sistema strutturato di ricerca, soccorso e sbarco, non si può andare avanti con attese infinite e nell’assenza di notizie certe sulle procedure – afferma Veronica Alfonsi, di Open Arms Italia – Non è possibile tenere per giorni su una nave quasi 300 persone provate non solo dalla traversata del Mediterraneo, ma da anni di violenze in Libia».

Il discorso riguarda l’Italia, ma va affrontato con uno sguardo europeo anche considerando le ripetute violazioni compiute da Malta (nella cui zona Sar sono avvenuti i tre interventi di soccorso). «Per quanto riguarda La Valletta il discorso è di natura diversa: è inaccettabile che un paese membro vìoli continuamente il diritto internazionale e quello del mare e rifiuti perfino le evacuazioni mediche, oltre a qualsiasi tipo di interlocuzione».

L’equipaggio di Open Arms rimarrà quattordici giorni sulla nave per scontare il periodo di quarantena, sperando che a questo non segua, come sempre più spesso accade, un nuovo blocco amministrativo da parte delle autorità italiane.