Si è aperta a New York la 72 esima assemblea generale dell’Onu, la prima con il nuovo segretario generale, il socialista portoghese António Guterres, e con Donald Trump. Sono stati proprio Trump e Gutierrez ad aprire – con una iniziativa ad hoc – l’assemblea; l’esordio al palazzo di vetro di Trump ha coinciso con il rilancio delle discussioni sulla riforma dell’Onu. Questo è un argomento di cui si parla da anni; i meccanismi decisionali, come il sistema di veto del Consiglio di sicurezza, dovrebbero essere adattati ai tempi moderni evitando però rischi che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza mondiale.

«LE NAZIONI UNITE sono state fondate con nobili obiettivi – ha detto Trump nel suo intervento – e l’impegno per la pace internazionale. Lo hanno fatto nutrendo gli affamati, combattendo i disastri naturali, e aumentando il potere delle donne in molte società del mondo. Negli ultimi anni, tuttavia, non hanno raggiunto il loro pieno potenziale a causa della burocrazia e della cattiva gestione». Oltre a ciò Trump, che in campagna elettorale ha sempre liquidato l’Onu come un noioso club privato, ha riaffermato un concetto a lui caro, quello che vuole gli Usa meno impegnati sia economicamente che militarmente. «Nessun paese dovrebbe accollarsi un peso troppo grande».

ANCHE GUTERRES ha dichiarato di voler snellire la burocrazia sottolineando le «strutture frammentate, le procedure bizantine, l’infinita burocrazia». La dichiarazione di 10 punti per il sostegno alle riforme delle Nazioni unite, secondo Guterres, mira a semplificare le procedure e decentrare le decisioni, con maggiore trasparenza, efficienza e responsabilità.

QUESTA ASSEMBLEA GENERALE deve confrontarsi con crisi politiche internazionali e il problema del cambiamento climatico, negato dall’amministrazione Trump ma affrontato dal resto del mondo.

Il tema viene affrontato al «Climate Week Nyc», un vertice che si svolge accanto all’Assemblea riunendo leader dal mondo degli affari, del governo e della società civile, per sottolineare lo slancio inarrestabile dell’azione globale sul clima.

IN UN ALTRO MEETING a margine dell’Assemblea, Trump si è incontrato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per discutere dell’Iran. L’obiettivo di Netanyahu è quello di persuadere Trump a ritirare l’appoggio Usa all’odiato accordo sul nucleare con l’Iran, argomento sul quale Trump dovrà esprimersi al congresso il 15 ottobre.

Durante la sera di ieri, troppo tardi per l’Italia, Trump ha poi cenato con i leader latino-americani per discutere del Venezuela, il cui presidente Nicolas Maduro nei giorni scorsi ha detto che i colloqui tenuti nella Repubblica Dominicana tra i rappresentanti del suo governo e i leader della coalizione di opposizione Mud sono stati un successo. Sul tavolo Onu, nonostante l’assenza alle Nazioni unite della leader birmana Aung San Suu Kyi, anche la crisi dei Rohingya, in fuga dalle violenze nello stato del Rakhine, nella Birmania occidentale, dove è in corso una brutale operazione di sicurezza, apparentemente su una più ampia scala rispetto al passato .

L’ALTO COMMISSARIO ONU per i diritti umani si era appellato al governo birmano perché ponga fine alle sue «crudeli operazioni militari»; contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania, è in atto un chiaro caso di pulizia etnica e il rifiuto di Aung San Suu Kyi di affrontare la questione alle Nazioni unite è un’occasione colpevolmente mancata.

Non all’Onu, ma sono a rischio anche i rapporti tra Usa e Cuba: il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha minacciato la chiusura dell’ambasciata all’Avana, dopo una serie di misteriosi incidenti che hanno colpito 21 diplomatici con vari sintomi che vanno dalla perdita o dai disturbi dell’udito alla nausea, a traumi cerebrali, mal di testa, sino a problemi di concentrazione e di memoria.

WASHINGTON HA PROTESTATO con l’Avana senza però accusarla, anche perché non ha ancora scoperto le cause di questa vicenda e non ha alcuna prova da esibire.