«Il Consiglio di sicurezza è diventato inefficace e obsoleto». Le parole della presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner hanno sintetizzato il giudizio espresso da numerosi paesi del sud del mondo, provenienti da diversi continenti, sul ruolo dell’Assemblea Onu. Un organismo che agisce come se si trovasse in contesti «già superati» come quello della «guerra fredda», ha detto ancora Fernandez dichiarandosi una «ferma sostenitrice del multilateralismo» e auspicando una profonda riforma del Consiglio di sicurezza. Una proposta avanzata principalmente dai paesi socialisti dell’America latina che si ritrovano nell’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, ideata nel 2004 da Cuba e Venezuela e alla quale si sono via aggiunti Ecuador, Bolivia, Nicaragua, Antigua e Barbuda, Saint Vincent e Grenadine. Una posizione sostenuta però anche da Argentina e Brasile e ribadita anche da alcuni paesi del continente africano, come il Sudafrica. Fernandez ha chiesto all’Onu che venga abrogato il diritto di veto e che le decisioni vengano prese per consenso. Ha portato ad esempio l’assenza di una effettiva diplomazia per risolvere il conflitto in Siria, sul quale – come già prima dell’invasione della Libia – i paesi progressisti dell’America latina avevano proposto una loro mediazione. La presidente argentina ha anche esposto all’Onu la questione delle Malvinas, contese alla Gran Bretagna.
Il suo omologo colombiano, Juan Manuel Santos (che pur non appartiene al campo progressista) ha invece portato all’attenzione internazionale la questione scottante su cui potrebbe giocarsi l’eventuale ricandidatura alle elezioni dell’anno prossimo: il processo di pace tra il suo governo e le due guerriglie: quella marxista delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) e l’Esercito di liberazione nazionale (Eln). Santos ha chiesto l’appoggio internazionale alla sua idea che «la giustizia non può essere un ostacolo alla pace», riferendosi alla norma approvata dal congresso, il Marco Juridico para la Paz, che dovrebbe preludere a un percorso di riparazione delle vittime del conflitto e al rientro nella vita politica delle guerriglie. Una via rifiutata, in quei termini, dalle controparti, che dialogano a Cuba con il governo dal novembre scorso, e che invece vorrebbero una soluzione politica senza ambiguità e ritorni indietro. Santos è comunque andato a dire all’Onu (agli Usa) che il governo colombiano intende far fronte agli impegni internazionali, ma chiede un’autonomia decisionale su questo tema. Un discorso subito avversato via twitter dall’ex presidente colombiano Alvaro Uribe, sostenitore del paramilitarismo e della linea dura.
L’Ecuador ha denunciado all’Onu «la campagna diffamatoria» condotta dalla multinazionale Chevron nei confronti del governo di Rafael Correa in merito ai danni ambientali provocati nel paese dalla Texaco, la compagnia che la petrolifera statunitense ha acquisito nel 2001. «Nessuna impresa può porsi al di sopra della legge», ha dichiarato il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño durante un forum organizzato nell’ambito dell’Assemblea Onu con le organizzazioni ambientaliste.
E mentre il presidente boliviano ha denunciato con fermezza «le violazioni degli Stati uniti al diritto internazionale», il suo omologo venezuelano, che avrebbe dovuto parlare ieri, ha preferito disertare l’Assemblea. «Abbiamo un mucchio di impegni per le strade con il nostro popolo», ha detto Maduro rientrando da un viaggio in Cina. Un viaggio al centro di polemiche con gli Usa, accusati prima di non aver voluto consentire il permesso di sorvolo su Porto rico, poi di aver tergiversato con i visti alla delegazione venezuelana che avrebbe dovuto recarsi all’Onu. Il Venezuela è fra i più convinti fautori della necessità di trasferire a livello continentale gli organismi di regolazione internazionale e ha voluto marcare così il vento di sovranità che spira nell’ex «cortile di casa» degli Usa. «La nostra epoca è la più rivoluzionaria nella storia del mondo», ha detto all’Onu il presidente dell’Uruguay, l’ex guerrigliero tupamaro José Mujica.