Chi riceve più aiuti Usa non si è fatto intimidire

Le minacce del presidente Trump e dell’ambasciatrice Haley nelle ore precedenti al voto al Palazzo di Vetro non sono servite. Se alcuni paesi non si sono presentati per evitare imbarazzi, hanno votato contro Trump quelli che ricevono consistenti aiuti finanziari dagli Usa.

Dei primi 10 Stati al mondo per aiuti Usa solo uno ha votato no (Israele, ovviamente) e uno non si è presentato (il Kenya). Non hanno invece ceduto alle pressioni l’Afghanistan (primo destinatario con 4 miliardi di dollari nel 2017), l’Egitto (1,4 milioni), la Giordania (1,2), la Tanzania (547 milioni), il Pakistan (525), la Nigeria (515), l’Etiopia (495) e il Sudafrica (471).

Una conferma alle parole dell’ambasciatore venezuelano prima del voto: «Il mondo non è in vendita». Tra i sì anche quello saudita, nonostante i solidi legami con gli Usa e quelli, più occulti, con Israele. Un voto diverso avrebbe però aperto a un crollo d’immagine molto più costoso.

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Si rompe Visegrad, Slovacchia per il sì

Sulla posizione da tenere sullo status di Gerusalemme si rompe il fronte di Visegrad. La Slovacchia, per altro in tandem con la Slovenia, ha votato con l’Unione europea a favore della risoluzione. Mentre tutti gli altri paesi del gruppo dell’Est, unito da accordi cooperazione rafforzata, si sono espressi in modo difforme dalla Ue, cioè astenendosi: Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria. E con loro in Europa hanno deciso per l’astensione anche Romania e Lettonia.

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Bosnia, unico paese musulmano astenuto

Unico paese a maggioranza musulmana che si è astenuto all’Onu è la Bosnia-Erzegovina. Dirimenti, nella presidenza tripartita, i voti del croato Cociv e del serbo Ivanic (il quale ha seguito i dettami di Dodik della Repubblica Srpska in ottimi rapporti con Israele) mentre il musulmano Izetbegovic era a favore come per altro da raccomandazioni del ministero di Sarajevo. Anche la Croazia si è astenuta mentre cerca di attirare investimenti energetici degli Usa .

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Lo Zambia di Lungu non si presenta

Zambia assente al voto Onu su Gerusalemme. All’inizio di questo mese il presidente Lungu era stato bersaglio di polemiche: aveva annunciato l’intenzione di ospitare un summit tra Israele e paesi africani. A febbraio Lungu era volato a Tel Aviv da Netanyahu. Al ritorno aveva prospettato «i benefici che deriveranno» da partnership economiche con Israele nel settore agricolo e tecnologico.

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5mila dollari a rifugiato. E il Ruanda si astiene

Tra i paesi che giovedì all’Onu si sono astenuti c’è il Ruanda, paese con cui Israele sta costruendo una diplomazia basata sulla deportazione dei rifugiati, per lo più eritrei e sudanesi. Con una legge-trucco Tel Aviv ha bypassato la sentenza della Corte Suprema che vieta la deportazione forzata in paesi ostili: il governo ha offerto a Kigali 5mila dollari per ogni rifugiato dei 10mila che il Rwanda si è detto disposto ad «accogliere». A fine novembre Netanyahu ha annunciato l’apertura dell’ambasciata a Kigali.