Ventiquattro ore ferma in acque internazionali prima di ricevere – grazie all’intervento di Madrid – il via libera per fare prua verso un porto. Fino alle sette di ieri sera quando al comandante della nave della ong spagnola Proactiva Open Arms è arrivato dalla sala operativa di Roma della Guardia costiera l’ok a dirigersi verso Pozzallo dove sbarcare i 216 migranti prima tratti in salvo e poi letteralmente strappati tre giorni fa dalle mani della guardia costiera libica. Ieri mattina, invece, una motovedetta di Malta aveva raggiunto la nave per prendere e trasportare in ospedale alla Valletta una neonata di tre mesi, disidratata e con un’infezione di scabbia, e sua madre. Le uniche due migranti alle quali il governo maltese ha consentito di toccare terra.

E’ finita bene ma per un giorno e una notte l’avventura della ong spagnola ha rischiato di trasformarsi in un caso diplomatico tra Italia, Spagna, Malta e Libia. E quanto accaduto nelle ultime ore potrebbe essere solo la prima di una serie di situazioni analoghe destinate a ripetersi anche in futuro, con i porti europei chiusi alle navi impegnate nei salvataggi per le quali fare rotta verso l’Italia non è più automatico come in passato.

Per i volontari di Proactiva quelli appena trascorsi sono stati comunque due giorni di alta tensione, impegnati in una battaglia marittima con i militari libici che non hanno risparmiato pesanti minacce pur di impedire ai volontari di trarre intervenire in salvataggio di un gommone con a bordo più di 200 migranti, tra i quali numerose donne e bambini.

Sul posto la nave di Proactiva era arrivata domenica mattina dopo la segnalazione ricevuta dalla nostra Guardia costiera insieme alle relative coordinate che collocavano l’imbarcazione in difficoltà a 73 miglia dalle coste libiche, in piene acque internazionali. Le operazioni di salvataggio si sono svolte regolarmente fino a quando non è arrivata una motovedetta libica, una delle sei fornite dal governo italiano a Tripoli, che ha ordinato ai volontari di consegnare i migranti tratti in salvo e ostacolato il salvataggio di quelli ancora in acqua. Circostanza, questa, smentita ieri dai libici con una nota su Facebook nella quale, comunque, si avverte che verranno tollerate altre «provocazioni».

Per quanto Tripoli non abbia un proprio centro di coordinamento dei soccorsi (Mrcc) né una zona Sar (ricerca e soccorso), secondo alcune fonti l’intervento della motovedetta avrebbe di fatto assegnato alla Libia il coordinamento dei soccorsi e di conseguenza, stando alle normative internazionali, il compito di decidere in quale porto libico far dirigere la nave spagnola con i migranti a bordo.

La Libia non ha però mai firmato al convenzione di Ginevra e non riconosce quindi lo status di rifugiato. Chiaro che per la ong spagnola era impossibile accettare di consegnare i migranti a uno Stato che non rispetta i diritti umani. «Per questo ci è stato vietato l’approdo in un porto europeo», ha accusato il fondatore di Proactiva, Oscar Camps. La situazione si è sbloccata solo dopo che il governo spagnolo ha chiesto a Roma di intervenire in soccorso della nave, che nel frattempo si era avvicinata alla acque territoriali italiane. Un permesso concesso anche in considerazione delle condizioni di salute dei migranti che si trovavano a bordo e delle previsioni meteo, che davano in peggioramento le condizioni del mare.