«Come Ong siamo in mare a colmare un vuoto, ma saremmo pronte a farci da parte se l’Europa istituisse un efficace meccanismo istituzionale e coordinato di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario soccorrere le persone», hanno scritto le organizzazioni non governative attive nel Mediterraneo in una lettera pubblica indirizzata al premier Mario Draghi. Chiedono di sedersi intorno a un tavolo e discutere insieme.
In calce ci sono le firme di Alarm Phone, il centralino che riceve e diffonde gli Sos dei migranti, e poi delle Ong che salgono a bordo delle navi umanitarie: Emergency, Mediterranea, Open Arms, Sea Watch, Sos Mediterranée, Medici Senza Frontiere e ResQ-People saving People. Queste ultime due dovrebbero mettere in mare due nuove navi già nei prossimi mesi, per portare rinforzi a quella «flotta civile» duramente colpita nell’ultimo anno dai continui fermi amministrativi.

La lettera arriva in seguito al drammatico naufragio di giovedì scorso, in cui hanno perso la vita circa 130 persone. Sono state inghiottite dalle onde mentre la Ocean Viking (di Sos Mediterranée) e tre mercantili le cercavano disperatamente, senza alcun coordinamento da parte delle autorità. Della nuova strage ha parlato domenica scorsa anche Papa Francesco, che ha affermato: «È il momento della vergogna. 130 migranti sono morti in mare. Sono persone, sono vite umane, che per due giorni interi hanno implorato invano aiuto, un aiuto che non è arrivato».
Le Ong chiedono di discutere quali iniziative concrete possono essere assunte dal governo e dall’Europa per garantire interventi coordinati e tempestivi di soccorso, ricordando che dal 2014 più di 20mila donne e uomini hanno perso la vita lungo la rotta migratoria del Mediterraneo centrale e che dopo il ritiro dell’operazione Mare Nostrum «nessuno degli accordi e provvedimenti adottati dagli stati è mai riuscito a far diminuire il tasso di mortalità».

«Dopo il momento della vergogna c’è quello della concretezza: non servono passerelle, ma un incontro per verificare se da parte delle istituzioni c’è davvero la volontà di evitare che queste stragi accadano ancora», dice Luca Casarini, di Mediterranea. Per Giorgia Linardi di Sea-Watch: «Le dichiarazioni del primo ministro dopo la visita in Libia sono state sfortunate e contraddette dai fatti. Visto che Draghi è un rappresentante del governo italiano, ma ha anche una caratura europea, vogliamo chiedergli di fare sintesi tra le diverse posizioni, compresa quella del presidente dell’europarlamento David Sassoli, per istituire una missione che abbia un chiaro mandato di ricerca e soccorso».

Un plauso alla lettera delle Ong e alla richiesta di interlocuzione con il governo viene dal Comitato per il diritto al soccorso. «Le organizzazioni non governative marcano la responsabilità degli stati costieri e chiedono che il coordinamento e le attività Sar siano assunte dalle autorità competenti – afferma Vittorio Alessandro, membro del Comitato e ammiraglio della Guardia costiera in congedo – Allo stesso tempo si mettono a disposizione perché quelle responsabilità siano onorate nel migliore dei modi, al fine di rendere effettiva la legge del mare che ha come primo obiettivo la protezione della vita umana».

Dalle stanze di Draghi, per ora, non sono arrivate risposte, né reazioni. Le politiche migratorie sono tra i temi più caldi nel suo esecutivo e soprattutto negli ultimi dieci giorni sono stati occasione di ripetuti botta e risposta tra i due leader dei partiti concorrenti ma alleati, Enrico Letta (Pd) e Matteo Salvini (Lega). Intanto ieri il sottosegretario agli Affari europei Vincenzo Amendola ha parlato di un «duro negoziato» in corso intorno al nuovo patto europeo sull’immigrazione. «Questo è un presente che dobbiamo cambiare perché non ci sono missioni europee – ha detto Amendola – Noi stiamo negoziando, il negoziato non è facile, non ci piace l’accordo che l’Europa sta proponendo sulle migrazioni e dobbiamo assolutamente cambiare il sistema».