Naija.com, l’aggregatore di news più popolare e rispettato della Nigeria, con più di 13 milioni di visitatori al mese e settimo nella lista dei siti più visitati, ha pubblicato una serie di «suggerimenti» dedicati alla città di Lagos e, accanto al post intitolato: «6 modi per evitare di venire ammazzato durante una rapina in banca», il più cliccato è sicuramente: «12 modi per evitare di salire su un one chance». «One chance» sono quegli autobus con a bordo rapinatori che tengono in ostaggio – e se le cose vanno male arrivano anche a uccidere – i passeggeri. Il fenomeno è il più discusso in Nigeria, e le raccomandazioni su come comportarsi se si incappa in uno di questi bus gialli riempiono le tv e i maggiori organi di stampa, i blog, profili facebook e i siti di sostegno psicologico. I consigli vanno da «non aver fretta di salire, anche se sei in ritardo» a «non salire su un autobus in cui ci sono solo uomini», fino al generico «osserva con attenzione ogni passeggero prima di salire, soprattutto l’autista e il controllore», suggerimento poco attuabile nella città africana più popolosa e con un traffico definito «il peggiore del mondo» dall’Atlantic e dal Business Insider.

È un fenomeno ormai tanto comune che l’amministrazione stessa del presidente Muhammadu Buhari è oggi soprannominata «one chance» dai suoi detrattori che lo accusano di aver imbrogliato i cittadini ora intrappolati in un paese in cui si lotta per la vita. Invariabilmente, i consigli su come sopravvivere a un «one chance» si concludono con «state calmi e pregate Dio». Ed è proprio la definizione stessa di questo fenomeno che rivela un elemento importante della filosofia nigeriana: siamo nelle mani di Dio e rischiamo realmente di morire sull’autobus quanto di riuscire a ottenere un permesso di lavoro fuori dall’Africa.

Con quasi 18.000 omicidi l’anno (9,79), non sorprende che i nigeriani sognino posti come la Francia, l’Italia, o la Svizzera, che ne conta circa 300 (0,69). Sebbene la Svizzera abbia un’alta percentuale di immigrazione, quasi il 27%, la stragrande maggioranza sono europei (per il 35% tedeschi) e solo il 5,9% nigeriani. In ottemperanza della direttiva della comunità europea di preferire politiche di prevenzione a quelle di repressione del fenomeno migratorio, nel 2016 la Svizzera ha stanziato 420.000 Euro per la produzione di una serie televisiva, Missing Step, da girarsi in Nigeria, con registi e attori nigeriani dove viene raccontata l’avventura di un neolaureato in ingegneria che si vede rifiutato il permesso di soggiorno in Svizzera ed è costretto a fare ritorno a Lagos. Sembra che la Svizzera non abbia però tenuto conto della visione del mondo dei nigeriani, basata su quella «sola possibilit» per cui siamo tutti nelle mani di dio e nessun uomo ha alcun potere decisionale.

Sul fenomeno ne è stata ricavata in Nigeria una serie,  One Chance, al centro le storie di un gruppo di passeggeri presi in ostaggio da una sgangherata banda di rapinatori. L’intera vicenda si svolge in presa diretta e coinvolge più personaggi: un universitario seduto in fondo all’autobus sta girando un video insieme a due amici e attrae l’attenzione di uno dei rapinatori, un anziano signore che crede di essere una specie di santone (presenza tipica sui mezzi pubblici nigeriani) e che desidera essere immortalato mentre fa deliranti sermoni ai passeggeri terrorizzati, costringendoli a intonare inni religiosi e canti popolari.

Diversi protagonisti ma estremamente comuni nel paese africano, almeno quanto il santone, sono rappresentati puntata dopo puntata: dal rapinatore giovane in preda ai deliri della cocaina che uccide un passeggero, passando al venditore ambulante che vende unguenti miracolosi, per arrivare alla donna incinta e combattiva perfino più crudele dei suoi aguzzini. La rapina si trasforma in rapimento e la serie lascia il finale aperto all’interpretazione dello spettatore. C’è una distanza stilistica e concettuale tra questa e qualsiasi altra produzione televisiva occidentale e impone ai nostri occhi un linguaggio diverso che parla di un mondo a noi sconosciuto. La qualità delle riprese è volutamente sgranata, fortemente contrastata negli interni di un autobus che viaggia di notte e la disposizione stessa dei passeggeri, apparentemente casuale, struttura le immagini in forme che aprono e chiudono la visione quasi fossero quinte teatrali. La fiction potrebbe risultare ostica a uno spettatore occidentale, e probabilmente anche a uno nigeriano, dato il distintivo sperimentalismo della struttura e delle immagini, ma se proprio si volesse cercare un punto di riferimento, la fiction potrebbe definirsi un Lost del terzo mondo, in cui l’elemento mistico è trasposto nella distorta religiosità del rapinatore-santone. Qualcuno potrebbe dire che One Chance non è che una trovata, un gioco formale che esalta un problema tutto sommato minore in Nigeria, se si pensa che la sola frangia islamica Boko Haram è responsabile di migliaia di morti. Ma questa critica potrebbe essere rivolta anche a opere come, si parva licet, Ladri di biciclette, che racconta la tragedia del dopoguerra attraverso il fenomeno apparentemente minore dei furti di biciclette.

Xavier Ighorodje, giovane ingegnere come il protagonista della serie svizzera, è l’autore insieme al regista James Omokwe di One Chance, un progetto che le autorità svizzere avrebbero dovuto vedere prima di pensare che il loro Missing Step avrebbe potuto dissuadere un nigeriano dal tentare la sua chance in Svizzera. Ighorodje e Omokwe mostrano un popolo talmente abituato alla cattiva sorte, e tanto unito nel considerarsi uniformemente vittimizzato dal mondo, da consociarsi anche a rischio della vita in un finale diverso da quello di Ladri di biciclette, dove si mostra la rivolta di un’intera comunità.