Per comprendere la situazione attuale e ciò che ci aspetta bisogna mettere a fuoco due numeri: il tasso di diffusione e il rischio di ricovero della variante Omicron.

Il primo numero è stimato al 28%. Secondo l’ultima indagine rapida realizzata dall’Iss, questa è la percentuale di casi associati alla variante al 20 dicembre in Italia. «L’analisi si è basata su circa 2mila tamponi raccolti in 18 regioni e province autonome», fanno sapere dall’Istituto, e i risultati completi arriveranno solo il 29 dicembre. Ma la stima è già piuttosto affidabile perché la variante Omicron è rilevabile anche dai normali test molecolari, senza un vero e proprio sequenziamento del virus.

LA VARIANTE era stimata allo 0,19% il 6 dicembre, quindi la sua presenza è aumentata di oltre cento volte in due settimane. Può sembrare un numero eccessivo per essere credibile ma è esattamente ciò che ci si attende da una crescita esponenziale, cioè da una variante che raddoppia i suoi contagi ogni due giorni. Omicron dal 6 al 20 dicembre ha avuto il tempo di raddoppiare 6 o 7 volte e, se si fanno i conti, il risultato atteso è proprio quello rilevato dall’Iss. A un ritmo di crescita del genere, la variante potrebbe essere già dominante. Il 3 gennaio, quando l’indagine sarà ripetuta, con molta probabilità Omicron avrà sostituito quasi del tutto la variante Delta.

Il secondo dato da tenere d’occhio viene dal Regno Unito. E in particolare da due studi pubblicati su Internet dall’Imperial College di Londra e dall’Università di Edimburgo, ma non ancora vagliati da una rivista scientifica. Entrambe le équipe hanno rilevato in maniera indipendente un netto calo del rischio di ricovero per chi viene contagiato dalla variabile Omicron, sulla base dei dati riguardanti migliaia di pazienti contagiati nelle ultime settimane. Nel caso dei ricercatori londinesi, il calo osservato è del 40-45%. Secondo lo studio scozzese, la riduzione supererebbe il 60%. Entrambi i gruppi hanno rilevato un dimezzamento del rischio tra chi è vaccinato con due dosi e chi ha ricevuto il richiamo.

Non è facile capire cosa aspettarsi da un virus più trasmissibile ma (forse) meno virulento, spiega James Naismith, direttore del Rosalind Franklin Institute e professore all’università di Oxford: «Sebbene una riduzione del rischio di due terzi sia notevole, Omicron può provocare una malattia grave in chi ha ricevuto solo due dosi. Se continua a raddoppiare ogni due o tre giorni, potrebbe generare più ricoveri della Delta nella popolazione che non ha avuto il booster». Una percentuale di ospedalizzati inferiore, ma spalmata su un numero di contagiati molto più ampio, potrebbe finire per saturare gli ospedali più che nelle passate ondate. «La pandemia non ci porta in lockdown perché le persone si ammalano: ci porta in lockdown perché si ammalano tutte assieme», è la sintesi efficace del neurobiologo Giorgio Gilestro, anche lui all’Imperial College di Londra.

CHE UNA VARIANTE più trasmissibile stesse circolando sul nostro territorio lo si poteva intuire dall’impennata dei contagi. Nell’ultima settimana, l’incidenza a livello nazionale è passata da 241 a 352 nuovi casi positivi in sette giorni per centomila abitanti, un aumento del 46% che porta la firma di Omicron. Oggi il Covid-19 occupa l’11% dei posti disponibili in terapia intensiva e il 14% nei reparti ordinari. Molte regioni stanno mettendo a disposizione dei pazienti Covid posti letto aggiuntivi, abbassando i livelli di occupazione dei reparti e evitando di finire in zona gialla. Ma i posti letto in più sottraggono operatori e risorse alle altre attività sanitarie, con il risultato di rinviare gli interventi programmati e allungare le liste d’attesa. E così il prezzo della zona bianca lo pagano tutti.