I nuovi casi di Covid-19 nelle ultime 24 ore sono stati 219 mila, con 198 decessi. L’incidenza ha raggiunto i 1677 nuovi casi per centomila abitanti in sette giorni: quasi due italiani su cento hanno contratto il virus nell’ultima settimana. L’aumento rispetto a sette giorni fa è del 114%. Cresce anche il tasso di occupazione delle terapie intensive, di poco superiore al 15%. Tangibile il disagio di molti ospedali: davanti agli ospedali Cervello, Civico e Buccheri La Fera di Palermo sono stati allestiti reparti da campo per accogliere i ricoverati che il pronto soccorso non riesce a smaltire. Ambulanze in coda anche davanti al Cotugno di Napoli. Le persone positive occupano il 20% dei posti letto nei reparti ordinari di tutta Italia, con punte del 42% in Val d’Aosta e del 34% in Calabria e Liguria.

ANCHE A NON VOLER gufare, questi numeri sono destinati a salire almeno nel brevissimo termine, perché contagi, ricoveri e decessi di metà gennaio dipendono dai dati ancora in crescita di oggi. E dopo? I modelli degli epidemiologi vedono il picco ancora lontano. Per l’Istitute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) dell’università di Washington, il numero dei casi giornalieri dovrebbe toccare il mezzo milione alla fine di gennaio, prima di iniziare a scendere. A quel punto – sempre secondo l’Ihme – si conteranno in media tra i 300 e i 400 morti giornalieri. La previsione non farà piacere al governo, ma non può certo dirsi una sorpresa: il dato è in linea con l’aumento esponenziale degli ultimi due mesi, durante i quali i decessi sono raddoppiati ogni 20-25 giorni.

Per i modelli del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), il picco è più vicino: potrebbe essere raggiunto poco dopo la metà del mese alla quota di trecento mila casi al giorno, con un margine di errore di circa centomila casi. Più fosche le cifre sui decessi a fine gennaio: l’Ecdc indica in circa mille morti al giorno il numero più probabile, con una forchetta compresa tra i 600 e i 1300 decessi giornalieri.
Sono numeri da prendere con le pinze, perché la pandemia ha smentito moltissimi esperti che si sono lanciati in previsioni. Ma danno l’idea della portata della scommessa fatta dal governo Draghi. Con il decreto di giovedì, il governo non ha previsto particolari restrizioni alle attività. La stretta sui non vaccinati non darà una sterzata alle curve. L’obbligo vaccinale, infatti, farà sentire i suoi (eventuali) effetti solo dopo marzo.

A PALAZZO CHIGI si spera piuttosto che anche da noi si ripeta lo scenario “sudafricano”. Dove, tra novembre e dicembre, l’ondata della variante omicron è stata in grado di moltiplicare per cento il numero dei casi in tre settimane, per poi iniziare un calo quasi altrettanto rapido. Pochi ne conoscono bene la causa: nessuna misura messa in campo dal governo sudafricano, infatti, sarebbe stata in grado di arrestare la curva così rapidamente. La ragione più gettonata tra gli esperti è che la variante omicron abbia esaurito il bacino di persone suscettibili al contagio, grazie all’immunità generata dai vaccini e dalle ondate precedenti. In Italia però il virus non sembra trovare difficoltà a diffondersi nemmeno in una popolazione vaccinata al 90%. E nessuna delle passate ondate si è fermata per esaurimento naturale: ci sono volute le zone rosse nel 2020, e la campagna vaccinale nel 2021 per far calare il numero dei casi.

ANCHE LA CAMPAGNA vaccinale odierna procede a ritmo spedito, con circa seicentomila tra prime e terze dosi somministrate giornalmente. A differenza dello scorso anno, però, viene inoculato un vaccino adattato per una variante diversa dalla Omicron attualmente dominante. È prevedibile che l’efficacia nel frenare il contagio sia inferiore. È ancora presto per dirlo con certezza, perché l’impatto della Omicron è troppo recente per le analisi sull’efficacia dei vaccini.

LA COPERTURA VACCINALE, tuttavia, sta rallentando il ritmo con cui si riempiono i reparti ospedalieri, insieme a una minore virulenza della variante Omicron. Il tasso di saturazione degli ospedali sta raddoppiando all’incirca ogni 5 settimane. Al ritmo attuale, la soglia da «zona rossa» (con il 40% dei reparti ordinari e il 30% delle terapie intensive occupate da pazienti Covid-19) verrebbe raggiunta a metà febbraio a livello nazionale. Se la variante manderà davvero meno persone in ospedale e il vaccino si rivelerà efficace, anche più in là. Ma a quel punto, secondo i modelli previsionali, i contagi avranno già iniziato a diminuire. In questo scenario, l’ondata verrebbe superata senza particolari restrizioni per i vaccinati, dato che il passaggio in zona gialla e arancione non ne comporta più e solo poche regioni dovrebbero ricorrere alla zona rossa per fermare i contagi.

Questo è lo scenario su cui punta Mario Draghi, in quanto consentirà di tenere aperte le principali attività produttive e non ostacolerà la sua corsa al Quirinale. Anche in caso di successo, tuttavia, il costo umano e sociale di questa strategia non sarà piccolo. I modelli teorici prevedono un tributo di almeno cinquemila nuovi decessi di qui alla fine del mese. L’affanno degli ospedali ricadrà anche su chi ha bisogno di assistenza per patologie diverse dal Covid-19. Anche la scuola ne risentirà: con questi livelli di incidenza e gli attuali protocolli, il ricorso alla didattica a distanza è destinato ad aumentare.