L’iscrizione nel registro degli indagati del generale in pensione Enrico Celentano, che nel 1999 era il comandante della brigata paracadutisti Folgore, aggiunge un altro tassello al puzzle che la procura di Pisa sta ricostruendo per risolvere il caso di Emanuele Scieri, siracusano di 26 anni, praticante avvocato, trovato cadavere all’interno della caserma di addestramento Gamerra di Pisa il 16 agosto del 1999. A tre lunghi giorni da una “scomparsa”, registrata al contrappello delle 23 del 13 agosto. Assenza che era stata smentita dai suoi stessi commilitoni. Alcuni dei quali dissero subito che Scieri era rientrato in caserma con loro, dopo la libera uscita.
Con una leggerezza inaudita per qualsiasi caserma, il giovane fu dato per assente. E a Celentano, ascoltato martedì dal procuratore capo Alessandro Crini e dal sostituto Sisto Restuccia. i pm hanno chiesto di chiarire cosa fosse accaduto in quei momenti. Il generale in pensione, racconta il Corriere Fiorentino che ha dato per primo la notizia, ha risposto come sempre ha fatto in questi vent’anni: “Non ricordo”. Invece dai tabulati telefonici in mano ai magistrati risulta che proprio la sera del 13 agosto, alle 23.45, da un cellulare agganciato alla cella della Gamerra partì una chiamata diretta alla sua abitazione a Livorno.
Di più: all’alba del 15 agosto, in un giorno (Ferragosto) in cui all’interno di ogni caserma ci sono solo pochissimi effettivi, il generale comandante della Folgore arrivò a Pisa e fece una ispezione interna ed esterna alla Gamerra. Una ispezione ritenuta da Crini e Restuccia davvero insolita. Sulla quale Celentano non ha mai dato, al solito, spiegazioni. Nemmeno alla Commissione parlamentare di inchiesta, grazie alla quale il caso dell’omicidio di Scieri è stato riaperto.
Le ipotesi di accusa dei confronti del generale sono quelle di favoreggiamento, e di false informazioni al pubblico ministero. A Celentano è contestato in sostanza di essere stato il protagonista, vista la carica, di una strategia depistatrice messa in atto per coprire i responsabili dell’omicidio, ascrivibile a uno dei tanti atti di nonnismo che scandivano la vita della caserma.
Al riguardo, va ricordato che il corpo di Scieri fu “ritrovato” il 16 agosto ai piedi della torre di asciugamento dei paracadute. A nemmeno cinque metri dal muro di cinta, che in ogni caserma viene pattugliato dal Picchetto armato ordinario. Internamente ed esternamente. Per giunta le reazioni dei vertici della Gamerra furono surreali. Il comandante era in ferie (sarebbe stato comunque rimosso), mentre il suo vice si fece intervistare dal Tg3 della Toscana, assicurando che la recluta, in solitudine, era rimasta vittima di una “prova di coraggio”: avrebbe cercato di arrampicarsi sulla torre, e da lì sarebbe “accidentalmente” precipitato. Un classico depistaggio.
Pioveva sabbia in quei giorni a Pisa, portata dallo scirocco. Sabbia che coprì simbolicamente anche l’omicidio del ragazzo, ucciso secondo le accuse da tre commilitoni – Alessandro Panella, caporale e capo camerata di Scieri, Andrea Antico e Luigi Zabara – che dopo aver picchiato la recluta l’avrebbero obbligata a salire sulla torre, e poi gli avrebbero pestato le dita. Fino a farlo precipitare al suolo. Poi scappando, dopo aver nascosto in qualche modo il corpo del giovane, nonostante che Scieri fosse ancora vivo. Molti ex parà di leva, a distanza di anni, trovarono finalmente il coraggio di dire alla Commissione parlamentare: “In quella caserma c’erano atti di nonnismo. Dopo la morte di Scieri il clima cambiò radicalmente”.