Con Mohamed Brahmi viene colpito un simbolo della rivoluzione tunisina: l’assassinio è avvenuto nel giorno in cui si festeggia la nascita della Repubblica, inoltre la vittima è originaria di Sidi Bouzid, la cittadina del centro della Tunisia dove è scoppiata la rivoluzione che ha portato all’abbattimento della dittatura di Ben Ali.

Mohamed Brahmi, deputato dell’Assemblea costituente, è stato freddato con 11 proiettili ieri mattina mentre usciva di casa. Gli assassini, ha detto la figlia, erano a bordo di una moto. Il leader del Movimento del popolo viveva a l’Ariana, quartiere settentrionale di Tunisi, con la famiglia – cinque figli, di cui una con handicap. Dopo la sparatoria la moglie l’ha portato all’ospedale, inutilmente.
Brahmi apparteneva al Fronte popolare, la formazione che raccoglie i partiti della sinistra e aveva appena aderito al movimento dei tamarot che, sull’esempio del movimento egiziano, sta raccogliendo le firme per lo scioglimento dell’Assemblea costituente, eletta il 23 ottobre del 2011, che non riesce a varare la nuova costituzione, e la dissoluzione del governo fallimentare guidato dagli islamisti di Ennahdha.

Gli assassini hanno seguito lo stesso copione che ha portato alla morte di Chkri Belaid. La vedova di Belaid, Basma Khalfaoui ha addossato la responsabilità della morte di Brahmi a Ennahdha e ha chiesto lo scioglimento del governo. Del resto le indagini sull’assassinio di Belaid finora non hanno portato a nessun risultato e Basma ha formato un comitato per la ricerca della verità che ha organizzato una mobilitazione per il 6 agosto, a sei mesi dall’uccisione del marito.
Hamma Hammami leader del Fronte popolare sostiene che la sua organizzazione dovrà reagire, ma la prima reazione al nuovo assassinio è stata quella della popolazione che si è radunata davanti al ministero dell’interno ed è stata poi dispersa con i lacrimogeni.
La situazione in Tunisia si fa sempre più tesa, gli assassini politici dei leader della sinistra portano a un inasprimento della contrapposizione con un governo che non ha risolto nessuno dei gravi problemi che si trova ad affrontare il paese. Il tentativo da parte del partito religioso Ennahdha di far passare una costituzione sul modello di quella egiziana (che aprisse le porte alla sharia, legge coranica) è fallito per la mobilitazione dei tunisini e soprattutto delle tunisine. Il paese si trova in una situazione di grave impasse che potrebbe precipitare. Difficile immaginare gli sviluppi, ma certamente qualcosa succederà. Basma Khelfaoui, da noi incontrata nei giorni scorsi, spera in un effetto egiziano sulla Tunisia, anche se quanto successo in Egitto avrà messo in allarme gli islamisti dei Fratelli musulmani che appartengono a una internazionale ben organizzata e ben finanziata dall’Arabia saudita e dal Qatar.
Probabilmente l’assassinio di un altro leader del Fronte popolare deve avere come obiettivo quello di disarticolare il fronte dell’opposizione di sinistra che finalmente, dopo la sconfitta elettorale del 23 ottobre del 2011, ha saputo trovare gli elementi comuni per costituire un’alleanza che insieme a un’altra forza laica come Nidaa Tounes potrebbe sconfiggere gli islamisti nelle prossime elezioni. Un ipotesi deve aver indotto le forze reazionarie a reagire.
L’assassinio di Brahmi tuttavia, come è successo con la morte di Belaid e come si sta già dimostrando in queste ore, potrebbe indurre a una nuova mobilitazione popolare e un’accelerazione nella costruzione del fronte democratico e progressista.
E’ una sfida che riguarda la Tunisia, il nord Africa, ma che dovrebbe riguardare anche tutte le forze democratiche europee. La battaglia del Fronte popolare in Tunisia e delle forze laiche e democratiche in Egitto contro movimenti religiosi reazionari non ci può lasciare indifferenti spettatori. L’evoluzione dei paesi del Mediterraneo ci riguarda da vicino e non possiamo accontentarci di analizzare con vecchi stereotipi o schemi del passato quello che sta succedendo a poche centinaia di chilometri da noi. E non solo per l’onda d’urto dei migranti che arriveranno sulle nostre coste. C’è chi guarda alle forze democratiche del nostro paese con speranza e aspettative c’è da sperare che non resteranno ancora una volta deluse.