A un mese dall’omicidio bianco di Luana D’Orazio, le indagini della procura pratese hanno portato al coinvolgimento nell’inchiesta di Daniele Faggi, marito di Luana Coppini, titolare dell’orditura di Oste di Montemurlo dove la giovane apprendista operaia ha perso la vita. Anche per Faggi, che nell’Orditura Luana svolge di fatto il ruolo di comproprietario, impartendo ordini e organizzando il lavoro, l’informazione di garanzia ipotizza l’omicidio colposo, e la rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Il sospetto degli investigatori, che si sono concentrati sulla ricostruzione della dinamica dell’incidente, appurando che il cancello di protezione dell’orditoio era collegato a una fotocellula però disattivata, è che proprio Faggi abbia eseguito quell’operazione, per velocizzare le produzioni.
A corroborare l’ipotesi accusatoria l’esame dello smartphone della ragazza, che in più di un messaggio al fidanzato raccontava, sfogandosi, i retroscena delle giornate nell’orditura. A partire da quell’allarmante “Mi hanno lasciata sola, c’è tanto lavoro da fare” che ha portato alle dimissioni dal lavoro del suo tutor aziendale, caporeparto della ditta. L’uomo dal giorno dell’incidente non si è più ripreso, ha rivelato il quotidiano “La Nazione”, per lui la pressione e lo choc sono diventati insostenibili.
Del resto era proprio lui, che nei giorni scorsi è stato sentito in procura come persona informata sui fatti insieme agli altri colleghi e colleghe di Luana, ad essere tirato in ballo in un altro messaggio vocale inviato al fidanzato. “E’ andato via alle tre e mezzo ed è tornato alle sei, poi ci ha detto di mettere su una tela sapendo che ci vogliono due ore, e se n’è andato di nuovo”. Si tratta dello stesso audio in cui la ragazza si lamenta di un macchinario, non meglio specificato, “che si ferma e ci mette più di tutti gli altri, perché è mezzo tronco”.
Negli sfoghi di Luana non manca un litigio “con lui”, probabilmente Daniele Faggi, che “se ne lava le mani” e lascia i dipendenti dopo aver impartito gli ordini. Non è una denuncia esplicita, ma fa capire come le condizioni di lavoro nell’azienda a conduzione familiare dove era stata assunta, con uno stipendio non superiore ai mille euro al mese, non erano certo le migliori possibili.
I consulenti tecnici della procura stanno intanto completando le verifiche sull’orditoio, con l’aiuto di tecnici della casa produttrice tedesca Karl Meyer. Le analisi confermano il quadro indiziario, ma ancora non è stata decrittata la scatola nera, per stimare la velocità a cui stava girando il subbio, il cilindro rotante che avvolge il filo, e capire in che momento della lavorazione sia avvenuto l’incidente mortale. Agli atti dell’inchiesta infine gli accertamenti sull’abbigliamento della ragazza, legati alle cautele anti-infortunistica di contorno, deputate ai titolari dell’azienda. Risulta che Luana indossasse una tuta nera casual, non una divisa da lavoro, calzando delle regolari scarpe antinfortunistica.