Sarà interessante leggere le motivazioni con cui la Corte di assise di appello di Firenze ha condannato a 30 anni, con lo sconto di pena dovuto al giudizio abbreviato, l’ex tipografo Roberto Pirrone, che il 5 marzo 2018 uccise sul ponte Vespucci l’ambulante senegalese Idy Diène, sparandogli per sei volte e finendolo con un colpo di grazia alla testa. Pirrone ha sempre detto di avere scelto la sua vittima a caso, dopo che era uscito di casa depresso e con l’intenzione di uccidersi portando con sé una pistola. Ma non aveva sparato al primo uomo che aveva incontrato in strada: aveva camminato per circa un chilometro fino al ponte Vespucci, ripreso da più di una telecamera di sorveglianza, e lì aveva continuato a tergiversare guardando i passanti, prima di estrarre il revolver e puntarlo contro Idy, un ambulante molto noto che da più di vent’anni lavorava nelle strade di Firenze.

L’omicidio provocò la rivolta della comunità senegalese, convinta che il gesto di Pirrone fosse analogo a quello dell’estremista di destra Gianluca Casseri, pistoiese frequentatore di Casa Pound, che il 13 dicembre del 2011 aveva ucciso per razzismo due ambulanti senegalesi al mercato di piazza Dalmazia, prima di togliersi la vita braccato dalla polizia. Per giunta Idy Diene era molto popolare anche perché aveva sposato la vedova di uno dei due connazionali ammazzati a sangue freddo. Di qui la certezza – non soltanto della comunità senegalese ma di gran parte della cittadinanza – di un omicidio razzista.

Giudicato capace di intendere e volere, in primo grado Pirrone era invece stato condannato sempre con rito abbreviato a 16 anni, perché il giudice dell’udienza preliminare non aveva riconosciuto l’aggravante dei futili e abietti motivi, né quella del razzismo. Ciò non toglie che su un cartello affisso sul ponte Vespucci, legato attorno alle inferriate, ci fosse scritto «assassinato da mano razzista», fatto che aveva provocato le proteste dell’avvocato difensore di Pirrone.

Questa volta invece i giudici di appello hanno accolto in toto la richiesta della pubblica accusa, che con il sostituto procuratore Luciana Singlitico aveva chiesto per l’ex tipografo in pensione 30 anni di condanna, compresa l’aggravante dei motivi abietti e futili. In sostanza, con il rito ordinario Roberto Pirrone avrebbe preso l’ergastolo. E dalle motivazioni, attese entro due, tre mesi al massimo, sarà possibile capire come sia stato ulteriormente qualificato l’omicidio volontario dell’ambulante.

Il 5 marzo scorso, nel primo anniversario della morte di Idy Diene, la segreteria della Camera del Lavoro lo aveva ricordato sul ponte Vespucci insieme alla comunità senegalese, e fra i tanti cittadini c’era anche la candidata sindaco della sinistra diffusa Antonella Bundu. In un’altra commemorazione erano invece intervenuti il sindaco Dario Nardella, i suoi assessori e alcuni consiglieri comunali, pronti anch’essi a promettere che a Firenze il razzismo non sarebbe passato.