Acqua in bocca. Il 6 giugno scorso hanno fermato con la forza un uomo di 35 anni che poco dopo è morto. L’autopsia ha stabilito che quell’uomo è stato soffocato. Sono tre carabinieri e sono indagati per omicidio colposo. Il pm di Sanremo, Roberto Cavallone, ha detto: “Una cosa è certa, qualcuno ha fatto un uso eccessivo della forza. Lo stato dovrà chiedere scusa”. E ha aggiunto: “Per il senso di lealtà verso i colleghi e verso l’Arma chi ha avuto un comportamento così colpevolmente contrario ai suoi doveri dovrebbe farsi avanti”. E invece quei tre carabinieri ieri hanno scelto di stare zitti. Lo ha comunicato uno dei loro avvocati, Alessandro Sindoni: “Attendiamo la chiusura delle indagini, dopodiché valuteremo come comportarci. E’ un atteggiamento che non vuole essere di chi non collabora, ma di chi è garantista, visto che non si conoscono ancora fino in fondo gli atti”.

I fatti però si conoscono eccome. Bohli Kayes, tunisino con il permesso di soggiorno, una moglie, due figli di 4 e 8 anni, e precedenti legati agli stupefacenti, è stato ucciso. Questo ha stabilito l’autopsia. E’ stato fermato da tre carabinieri in borghese nel parcheggio di un discount a Riva Ligure, ha tentato di fuggire e di liberarsi di alcuni grammi di eroina. E’ inciampato in un guardrail ed è stato bloccato anche con l’aiuto di un passante che gli teneva le gambe. Ammanettato a mani e piedi è stato caricato sulla macchina degli agenti e trasportato nella caserma che è solo a 500 metri dal luogo del fermo. Un tragitto brevissimo ma fatale. Quando è sceso aveva già perso conoscenza e poco dopo in ospedale è deceduto. Secondo il medico legale gli è stato schiacciato a lungo il torace fino a fargli mancare l’aria. Non importa che abbia precedenti. L’assassino di Kayes è l’ennesimo caso di abuso di violenza da parte di uomini delle forze dell’ordine. Come quello di Stefano Cucchi o di Federico Aldrovandi, di Giuseppe Uva o di Michele Ferrulli, ucciso a Milano dagli uomini che lo stavano arrestando perché sentiva la radio troppo alta.

Dopo la morte di Kayes sono avvenuti fatti che gettano un alone se possibile ancora più inquietanti sull’Arma. Uno dei tre indagati è stato trasferito dopo aver ricevuto una busta con dei bossoli e la scritta: “Questi sono per chi ha ucciso Kayes”. Forse un avvertimento all’agente e al suo informatore da parte di altri pusher, o forse no. La cosa più sconcertante è che subito dopo la morte di Kayes è stata lanciata su internet una foto che lo ritrae ormai a terra nel cortile della caserma, la foto era accompagnata dalla scritta: “Così l’ha massacrato”. Quell’immagine e quelle parole poi sono sparite dalla rete. Potrebbero testimoniare la voglia di esibire quel corpo come un trofeo, oppure potrebbero essere state scattate e pubblicate da un “corvo” all’interno della caserma e allora aprirebbero uno squarcio su possibili contrasti all’interno dell’Arma. A Sanremo anche due dirigenti dei carabinieri sono stati trasferiti.

“Ho appreso dal procuratore come sono andati i fatti – ha detto ieri Sonia, la moglie di Kayes – prendo atto, con soddisfazione, delle scuse del pm per conto delle istituzioni”. Le parole del magistrato sono state apprezzate anche da Ilaria Cucchi consapevole di quanto sia importante la volontà della magistratura inquirente in casi come questi. Siamo solo all’inizio di una vicenda lunga e difficile, come sempre quando sono imputati degli agenti. “Se ognuno continuerà a mantenere questa posizione del silenzio – ha detto il pm Cavallone – andremo incontro a uno scontro di perizie. Sarà un brutto processo”.

Ormai è una questione politica. I casi di abuso da parte di una parte delle forze di polizia e i tentativi di negarli sono sempre più evidenti. Ieri i deputati di Sel Stefano Quaranta e Daniela Farina hanno presentato un’interrogazione al ministro Cancellieri e le hanno chiesto di appoggiare l’introduzione in Italia del reato di tortura.