I media israeliani parlano dei riti funebri per Shimon Peres, previsti domani, come i funerali di stato più imponenti dalla morte di Nelson Mandela nel 2013. L’ex presidente israeliano sarà seppellito vicino alla tomba di Yitzhak Rabin, sul Monte Herzl di Gerusalemme. L’arrivo nelle prossime ore di tanti di capi di stato e di governo paralizzerà per gran parte del giorno la città e l’autostrada per Tel Aviv. Tra i tanti nomi spiccano quelli di Barack Obama, del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, del presidente francese Hollande, della cancelliera tedesca Merkel. Non ci saranno Donald Trump e Hillary Clinton ma la candidata democratica sarà rappresentata dal marito ed ex presidente Bill Clinton, che lavorò con Peres e Rabin durante gli anni degli Accordi di Oslo. Non verrà neanche papa Francesco, contrariamente alle voci girate ieri mattina. E non è ancora confermata la presenza del presidente palestinese Abu Mazen. Quanto all’Italia la scelta sarebbe tra il presidente del Consiglio Renzi e il capo dello stato Mattarella (peraltro atteso in Israele tra circa un mese), altrimenti arriverà il presidente del Senato Grasso.

L’arrivo a Gerusalemme di Barack Obama e di tanti altri leader internazionali potrebbe avere riflessi indiretti in diplomazia e creare qualche imbarazzo al premier israeliano Netanyahu. Certo, stiamo parlando di funerali ma Obama, Abu Mazen (se ci sarà) e altri presidenti e primi ministri enfatizzeranno la disponibilità di Peres a raggiungere un accordo con i palestinesi, finendo per contrapporre la linea dell’ex presidente a quella dell’attuale primo ministro di Israele. «Shimon Peres era un caro amico che non ha mai smesso di credere nella possibilità di arrivare alla pace», ha commentato ieri Obama rendendo omaggio all’ex capo di stato israeliano. «Ci sono poche persone – ha aggiunto il presidente americano – con cui condividiamo questo mondo, che cambiano il corso della storia…Shimon non ha mai smesso di credere nella pace tra israeliani, palestinesi e vicini di Israele, neanche dopo la tragica notte di Tel Aviv che portò via Yitzhak Rabin».

Parole di circostanza secondo alcuni. Per altri invece inviano segnali a Netanyahu con il quale Obama continua ad avere rapporti personali difficili, anche se l’Amministrazione Usa ha regalato qualche giorno fa a Israele un piano di aiuti militari per 38 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. I funerali di domani perciò potrebbero rivelarsi, attraverso l’esaltazione del “pacifista” Peres, una sorta di raduno informale sulla situazione israelo-palestinese. Abu Mazen vuole esserci anche lui al “raduno della pace”, dicono fonti di Ramallah, e ieri ha definito Peres «Un partner coraggioso per la pace…(che) ha condotto sforzi sostenuti e ininterrotti per arrivare agli accordi di Oslo e fino all’ultimo respiro».

Netanyahu, che ugualmente ha avuto parole di elogio per Peres, del quale fu un accanito avversario prima e dopo la firma degli accordi di Oslo, seguirà con attenzione le dichiarazioni di Obama e degli altri leader che prenderanno parte ai funerali. Sarà cauto e non è certo un caso che il Comitato di pianificazione edilizia di Gerusalemme, che avrebbe dovuto discutere ieri del progetto di costruzione di altre 76 unità abitative nella colonia di Gilo, tra Gerusalemme e Betlemme, abbia deciso di rinviare per la seconda volta la sua riunione per non creare, spiegava l’edizione on line del quotidiano Yediot Ahronot, incidenti diplomatici. A New York, la scorsa settimana, Obama prima di incontrare Netanyahu aveva di nuovo criticato la colonizzazione dei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967.

Il quotidiano Haaretz qualche giorno fa riferiva che l’ufficio di Netanyahu starebbe cercando di impedire un colpo di coda di Obama prima del cambio della guardia alla Casa Bianca, forse un ultimo discorso sul Medio Oriente con accuse dirette al premier israeliano. «È improbabile che ciò accada» ci ha detto l’analista Eytan Gilboa del centro “BeSa” di Studi Strategici di Tel Aviv, «di regola un presidente americano uscente evita questo genere di prese di posizione negli ultimi giorni del suo mandato, anche per non creare difficoltà al suo successore». Allo stesso tempo, prevede Gilboa, «i discorsi che Obama e altri leader pronunceranno (domani) in omaggio della politica pacifista di Shimon Peres potrebbero contenere messaggi rivolti a Netanyahu, non saranno pressioni ma segnali al primo ministro».