Oltre all’emergenza rifiuti, ancora non risolta, Roma sta affrontando, in particolare in questo fine settimana, una crisi idrica che riflette lo stato, deteriorato, delle sue fonti di approvvigionamento. A destare preoccupazione è in primis il lago di Bracciano, «riserva strategica idropotabile di compenso stagionale» per la capitale. In effetti Bracciano entra in funzione quando, sempre più di frequente, la riduzione di portata dalle due fonti principali di approvvigionamento idrico di Roma, l’acquedotto del Peschiera da Rieti e dell’Acqua Marcia dai Simbruini, diventa eccessiva. In momenti di crisi idrica dal lago vengono pompati anche a 2.500 litri al secondo.

E ora il lago di Bracciano si sta prosciugando a vista d’occhio, sotto il sole «giaguaro» di questo inizio d’estate: un centimetro in meno al giorno, a quanto sembra. Così dicono i sindaci di Anguillara e degli altri paesi a bordo lago che sono sul piede di guerra: hanno convocato una riunione la prossima settimana e denunciano prelievi oltre la soglia pattuita da parte della municipalizzata Acea, per dissetare non solo la capitale (i prelievi consentiti per Roma sarebbero 1600 litri al secondo a giugno, 1800 a luglio e 800 ad agosto) ma anche per gli usi di altri comuni dell’hinterland fuori convenzione. E già dall’inizio del mese il lago di Bracciano presentava un livello di 1, 40 metri sotto lo zero idrometrico.

È che negli ultimi sei mesi a Roma e nel circondario sono caduti 120 millimetri di pioggia, mentre la media è di 300 millimetri, con il mese di giugno che ha fatto registrare il 60% di precipitazioni in meno. La rete idrica della provincia di Roma disperde il 44% (dati legambiente) dell’acqua erogata. Ma i flussi in uscita dalle fontane non sono una questione di sprechi, ma anche di pressione, che non deve essere eccessiva, pur mantenendosi sufficiente a distribuire oltre mille litri d’acqua al secondo in una ragnatela di 5.400 chilometri di tubi.

Ieri a margine di una riunione sull’emergenza Po, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, in merito all’emergenza Bracciano, avrebbe consigliato alla sindaca Virginia Raggi di chiudere i 2.400 «nasoni» stradali della città. La competenza su una scelta del genere spetta al Campidoglio ma è poi l’Acea che deve agire e ha le competenze tecniche in materia. E visto che la segnalazione viene dal ministro, l’Acea Ato 2, ha detto che «sta valutando», segnalando però che «è necessaria una riflessione», salvo scaricare la decisione sul Comune. In effetti già molti nasoni in città sono stati sigillati, con la scusa o per via delle tubazioni rotte. Mentre per il momento l’amministrazione Raggi si limita a raccomandare di evitare il lavaggio di auto e l’innaffiamento dei giardini.