Le donne migranti subiscono molte più prevaricazioni e violenze, non solo le varie forme di coercizione patriarcale nelle società d’origine, dalle quali fuggono, non solo gli stupri, gli abusi, i ricatti sessuali ed economici durante il viaggio, ma infine anche il sessismo e le discriminazioni della loro condizione di immigrate da noi, in Italia: ad esempio nella legge sull’immigrazione i loro permessi di soggiorno sono quasi sempre legati ai documenti del marito per ricongiungimento familiare e questo quasi sempre le rende più vulnerabili o quanto meno più sfruttabili nel mondo del lavoro.

Parte da queste considerazioni il primo manifesto per un femminismo migrante elaborato a Imola, all’interno del centro interculturale per donne native e migranti Trama di Terre.
Il manifesto del femminismo migrante – primo assunto: anche l’antirazzismo non può più essere neutro e tacere il patriarcato delle comunità migranti – verrà presentato e sottoposto a discussione collettiva a Roma il 27 novembre, il giorno dopo la manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne, quando si svolgeranno una serie di incontri sul modello Social forum su temi di genere.

Sia la manifestazione del 26 sia l’assemblea nazionale del giorno dopo sono indette da una serie di collettivi, associazioni e reti di movimento che fanno riferimento al sito Non Una di Meno (con relativi ashtag e pagina su Fb), dove si possono trovare tutti gli appuntamenti, le adesioni, i luoghi dei tavoli tematici, i moduli per la registrazione, i documenti della discussione dal basso avviata quest’estate.

Quanto a Trama di Terre, più che una associazione, è una specie di istituzione popolare con lo stesso peso politico di una casa del popolo o di una lega contadina di quelle che ricordano la Romagna di Novecento, il film di Bernardo Bertolucci. Ha in tutto dieci «appartamenti», tra case rifugio per vittime di violenza, case d’emergenza, case di transizione o solo di protezione e accoglienza per donne e figli in difficoltà per problemi sociali o di fuoriuscita da disoccupazione e povertà. Gestisce anche un progetto Sprar interamente dedicato alle rifugiate e richiedenti asilo sole con i bambini. Solo che a differenza delle case del popolo novecentesce in questo caso si tratta di una istituzione popolare fatta di donne, provenienti da 14 paesi diversi, pur restando il 70% delle «ospiti» italiane.

«Come descrivere Trama di Terre a qualcuno che non ci conosce? È una finestra sul mondo e anche un porto di mare»: sono le parole di Silvia Torneri, che lavora al centro interculturale, una delle tante attività. «Oppure si può dire che è un luogo dove è possibile viaggiare restando ferme. Ed è difficilissimo a volte, perché nel continuo incontro con la diversità c’è anche una conflittualità inesauribile, nel senso di una continua messa in discussione di tutto quello che è troppo stabile e stabilito».

Trame di Terre, che l’anno che viene festeggerà i suoi vent’anni di vita, è uno spazio e una rete di aiuto che ci tiene tantissimo alla sua laicità – come rimarca la sua storica presidente Tiziana Del Pra, appena tornata da una tre giorni a Madrid con associazioni di donne provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo e oltre – e nonostante il suo essere orgogliosamente un luogo laico alcune delle donne che si trovano per un periodo o per molto a frequentare il centro talvolta portano il velo.

«L’importante è la libertà femminile – spiega Tiziana – nessuno deve imporre alla donna se metterlo o se toglierlo». E il burkini allora? «Una moda, anche costosa». Per Tiziana non bisogna mai scordarsi «le differenze di classe, quelle che a volte spingono le donne a progetti migratori rischiosi perché tenute all’oscuro dei loro diritti, e di come reclamarli, nei paesi di partenza».
Per questo il manifesto del femminismo migrante mette l’accento su un una pratica che continui la ricerca in territori inespolorati, oltre ogni confine e pensiero «pigro» .