Oltre la vita, le colpe dei padri ricadono sui figli
Cinema Si aggiudica la trentatreesima edizione del Bergamo film meeting il film ungherese «After life» di Virag Zomboràcz
Cinema Si aggiudica la trentatreesima edizione del Bergamo film meeting il film ungherese «After life» di Virag Zomboràcz
Il Bergamo Film Meeting edizione numero 33 si è chiuso sabato scorso all’Auditorium con la vittoria del regista ungherese Virág Zomborácz con il film Utóélet, Dopo la vita, che, come dice il titolo affronta relazioni a cavallo di un evento tragico, ma lo fa con una chiave che sfiora il grottesco. Mózes è il protagonista, un giovane che è pervaso dal disagio di vivere, al punto da dover ricorrere alle cure della psichiatria. Il suo problema è subito evidente: Janos, suo padre. Che confonde la malattia con la debolezza d’animo, che non tollera il suo essere vegetariano, che non perde occasione per vessarlo convinto di temprarlo. Così, quando babbo improvvisamente schiatta, cade lui infartuato e crolla a terra una statua di Cristo, succedono episodi stravaganti. La colomba bianca liberata sulla tomba non ha alcuna intenzione di volare via, quasi che l’anima di Janos sia destinata a rimanere quaggiù, infatti il suo fantasma continua imperterrito a perseguitare il figlio. Che un po’ alla volta comincia a prendere tra le sue mani la strana situazione e la sua stessa vita.
Cani, colombe e pesci fanno da contraltare alle vicende famigliari, completate da un’anziana zia che instaura una tresca col pastore, una sorellina bistrattata dai compagni, una mamma che piange nella camera, così il realismo del racconto viene frantumato dalla presenza fantasmatica e da altre trovate curiose, con squarci fotografici che si aprono improvvisi, magnifici e luminosi su uno scenario emotivo poco incline a far filtrare la luce.
Il terzo classificato (il secondo è il tedesco Anderswo di Ester Amrami) arriva dalla Spagna, meglio, dal paese basco, Loreak, Fiori, di Jon Garaño e José Mari Goenaga. Protagonista Ane, una donna minuta e modesta che scopre di essere entrata in menopausa precocemente. Il marito non sembra particolarmente colpito da questo mutamento dalle molteplici implicazioni. Poi succede un fatto strano. Un giovedì un mazzo di fiori anonimo viene recapitato a casa di Ane. Un errore? Potrebbe essere, senonché la cosa si ripete puntuale per diverso tempo ogni giovedì e l’indifferente marito comincia a scalpitare. Poi un giorno, improvvisamente, come avevano cominciato a essere recapitati, i fiori non arrivano più. Passano mesi e anni e da una serie di indizi Ane crede di avere finalmente risolto il mistero di chi possa essere stato a farle recapitare i fiori: Beñaki, un collega, morto per un incidente d’auto.
E allora, quasi un risarcimento postumo per quel sentimento mai dichiarato, Ane comincia a portare dei fiori sul luogo dell’incidente. Ma Beñaki era sposato e la madre non ha mai visto di buon occhio la nuora sia prima che dopo l’incidente. Ecco allora che tre storie di tre donne curiosamente intrecciate si intersecano.
Quasi un thriller dei sentimenti, con quei fiori che dovrebbero portare gioia e affetto che nascondono invece amori inespressi, scatenano sospetti, creano congetture in persone qualsiasi segnate da un paesaggio dai colori cupi e da una tristezza che sembra essere il tratto distintivo delle vite dei protagonisti.
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