Brillante Mendoza, tra i cineasti del rinnovamento del cinema filippino, è forse il più prolifico e rapido nella realizzazione dei suoi film. Taklub, incentrato sul dramma dei sopravvissuti alla furia del tifone Haiyan, conosciuto nelle Filippine con il nome di Yolanda, dimostra la grande duttilità del cineasta nell’adattarsi a lavori su commissione, pur conservando il peculiare approccio del suo film. Abbattutosi nel novembre del 2013 sulle Filippine, Yolanda è finito negli annali come la maggiore catastrofe naturale filippina avendo provocato la cifra esorbitante di oltre 6300 vittime il cui numero è andato aumentando sino all’anno successivo man mano che i corpi emergevano dalle macerie e la devastazione.
Taklub nasce come progetto voluto fortemente dalla senatrice Loren Legarda, l’unica nel suo paese ad avere vinto due elezioni senatoriali nel 1998 e nel 2007. Candidatasi nel 2004 come vice presidente al fianco di Fernando Poe Jr., si è ricandidata nel 2010 con Manny Villar nelle fila del Npc, ossia la Coalizione nazionalista popolare, partito fondato nel 1992 dall’allora candidato alla presidenza Eduardo Cojuangco, Jr. Considerata una delle cinque donne più influenti delle Filippine, la Legarda ha sponsorizzato il film di Mendoza che è stato prodotto dal Denr, il Department of Environment and Natural Resources (in tagalog Kkly, ossia Kagawaran ng Kapaligiran at Likas na Yaman). Il film è stato sostenuto inoltre dalla Pcoo-Pia, la Presidential Communications Operations Office-Philippine Information Agency.
Sulle primissime immagini di Taklub, gravate da un commento musicale tanto ingombrante quanto povero, è inevitabile pensare Death in the Land of Encantos di Lav Diaz e alla distanza di sguardi, impossibile da colmare, fra i due cineasti.

Mendoza filma nervosamente fra rovine e detriti e, nei momenti più riusciti del film, sembra addirittura di cogliere lontanissimi echi rosselliniani, soprattutto nelle modalità attraverso le quali gli interpreti si calano in un contesto disastrato. Nella vicenda del film, esile, fatta soprattutto di atti di micro solidarietà attraverso i quali le persone di Sandy Beach e di Tacloban tentano di portare conforto e mutuo soccorso ad amici, familiari e vicini, Mendoza mette in campo gli elementi più forti del suo film.

Sotto il segno dell’Ecclesiaste, che ci rammenta che esiste un tempo per ogni cosa, il regista ritrova a tratti l’urgenza di un film come Manoro, anche se sovente un’evidente fretta provoca una serie di scelte troppo facilmente melodrammatiche. Il valore di Taklub emerge meglio quando lo sguardo di Mendoza rivela il dolore nel constatare l’ampiezza sconvolgente della devastazione e la lotta impari fra l’uomo, disperato nella difesa dei suoi pochi averi, che stanno tutti in una scatola di cartone, e la furia della natura che rovescia tonnellate d’acqua su di lui. La spiritualità filippina emerge nei momenti in cui un corteo di penitenti porta un’enorme croce trascinandola in un paesaggio fangoso cantando sommessamente un Ave Maria. Taklub, opera interlocutoria nella filmografia di Brillante Mendoza, conferma, nonostante tutto, il sincero impegno umanista del regista.