Il ragazzo di 14 anni che si è tolto la vita a Roma la settimana scorsa perché omosessuale ha riaperto il dibattito sull’omofobia e sulla legge che il parlamento non ha approvato. L’ex ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna ha dichiarato in un’intervista a Repubblica che a settembre la discussione della norma deve essere una priorità, anche se «una legge non basta per cambiare le cose». Niki Vendola domenica su Twitter ha auspicato che «un’intera classe dirigente chieda perdono per aver consentito che l’odio per le diversità diventasse lessico ordinario di contesa politica».
«Il problema non è l’omosessualità, è l’omofobia», spiega anche la torinese Anna Ceravolo, dell’Associazione genitori di omosessuali (Agedo). Ceravolo è un fiume in piena: «Può immaginare che fatti come questo ci coinvolgono molto emotivamente», si giustifica. «Il disagio di molti adolescenti è diffuso perché la società in cui viviamo è permeata da un’omofobia strisciante. A volte sono parole, altre volte gesti più gravi. I ragazzi sono fragili e sono alla ricerca di un’identità. In questa fase della crescita l’omofobia pesa gravemente», dice l’ex professoressa.
«La battaglia per vincere la violenza omofoba è culturale – dice Anna Ceravolo. – La legge sarebbe solo una prima tappa per stigmatizzare il comportamento omofobo. Ma poi bisogna anche costruire una politica diversa che passi per una valorizzazione delle diversità, qualsiasi diversità. La diversità è ricchezza, non mutilazione per qualcuno. Questo vale per la scuola, ma per qualsiasi altra istituzione educativa, come per esempio lo scoutismo, dove è in atto un grande dibattito. La vera uguaglianza – aggiunge la rappresentante dell’Agedo – si raggiungerà quando tutti avranno diritto alla propria affettività e quindi con l’approvazione del matrimonio.»
Un paese dove il matrimonio fra persone dello stesso sesso è legale dal 2005 è la Spagna. José Mellinas i Gil è il presidente dell’associazione analoga all’Agedo, che si chiama Ampgil. «Il cambio di legislazione è stato importante in Spagna, ma comunque superiore rispetto al cambio della mentalità della gente. L’omofobia è certamente diminuita, ma ce n’è ancora molta», spiega. Sull’homepage dell’Ampgil c’è una testo che dice che «i tentativi di suicidio nel collettivo Lgbt si riducono di un 84% in funzione della risposta delle famiglie». Mellinas spiega che il dato è tratto dal Family acceptance project coordinato dalla ricercatrice californiana Caitlin Ryan. «I risultati indicano che lo sviluppo di un adolescente è molto più armonioso quando gode dell’appoggio familiare. In altre parole, la maggior parte dei giovani che hanno tentato il suicidio non godevano del sostegno delle proprie famiglie», aggiunge Mellinas.
Per un genitore scoprire un figlio o una figlia omosessuale è ancora un trauma, ammette Ceravolo. «Perché uno non se lo aspetta, non metti mai in conto la possibilità che tuo figlio si possa innamorare di un altro ragazzo o tua figlia di un’altra ragazza. Ma lo sbigottimento e l’angoscia col tempo lasciano lo spazio alla serenità e all’accoglimento. Come dice il titolo del video dell’Agedo Due volte genitori, chi si rivolge a noi alla fine rinasce come padre o come madre. Ma ci sono anche casi molto tristi di figli cacciati di casa o di genitori che non vogliono più neppure toccare i propri figli».
Sia Mellinas che Ceravolo sono d’accordo che la chiave è l’educazione. «Oggi qualche ragazzo che fa coming out a scuola esiste – dice Ceravolo – ma l’omofobia e il bullismo sono sempre in agguato. Io sono convinta che prima ancora degli allievi bisogna formare i professori. Un silenzio o una complicità di un professore di fronte a un insulto omofobo sono messaggi educativi molto sbagliati».
«Ci vuole una co-educazione, un’educazione di genere», dice Melillas, «che combatta il pregiudizio di genere e il machismo che mette l’uomo eterosessuale al vertice della società».
Secondo due studenti di una scuola di Ciudad Real, Iván Prado e Rodrigo Rodríguez, saliti agli onori delle cronache in Spagna per il loro progetto Armarios en las aulas, («Armadi nelle aule», come in Spagna si indica il coming out) ben il 68% dei loro compagni ha dichiarato di aver assistito a episodi di omofobia nel loro istituto.
Proprio per combattere il bullismo omofobico nelle scuole, in seguito a un ennesimo drammatico suicidio nel 2010, negli Stati Uniti è nato il progetto online It gets better (Le cose miglioreranno) dove centinaia di gay e non gay (fra cui Hillary Clinton e Barack Obama) spiegano in video agli adolescenti che soffrono le prepotenze dei compagni che le cose possono migliorare.