È stata l’estate degli incendi boschivi. Un fenomeno che per quanto ciclico, mai come quest’anno è stato così prolungato, esteso e diffuso. Dalla Sardegna a luglio, passando per l’Abruzzo, la Puglia, il Molise, la Basilicata, la Sicilia, la Calabria, ma anche Liguria, Toscana, Emilia-Romagna: i roghi estivi sono stati cronaca continua per tutto agosto, e continuano ad esserlo.

A conferma che si è trattato di un anno fuori dall’ordinario da questo punto di vista c’è l’indagine impressionante dell’European Forest Fire Information System (Effis) che fornisce alla Commissione e al Parlamento europei dati giornalieri sugli incendi boschivi nell’Unione e che per quanto riguarda l’Italia sono stati inseriti nel dossier Incendi e desertificazione di Europa Verde. Secondo l’indagine dall’inizio dell’anno a oggi, in Italia, sono andati a fuoco 153.690 ettari di boschi, una superficie pari a quelle di Roma, Milano e Napoli messe insieme, superando il record storico negativo di 141.000 ettari incendiati che era stato del 2017. A tale record si era già arrivati a fine luglio di quest’anno, quando mancavano ancora tutto il mese di agosto e la settimana più calda dell’estate. Una crescita del 256% rispetto alla media storica 2008-2020. Solo ieri in Italia, sono andati in fumo 7.486 ettari di boschi, la maggior parte 7.029 in provincia di Reggio Calabria.

I co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli e Eleonora Evi in una nota congiunta hanno evidenziato come la gravità della situazione si accompagni a un altrettanto grave inadeguatezza alla gestione di fenomeni che si presentano con frequenza e intensità crescenti.

Questo risulta particolarmente evidente per le regioni più vulnerabili: in Sicilia, la regione più colpita, dall’inizio del 2021 sono bruciati oltre 78mila ettari, pari al 3,05% della superficie della regione. Svariate migliaia di ettari bruciati si trovavano in aeree protette, ad altissimo livello di biodiversità, come le Madonie.

La Calabria, che ha visto andare in fumo almeno 11 mila ettari e ha registrato anche cinque vittime a causa dei roghi, è sprovvista di un Piano Aib ( Antincendio boschivo) appropriato alle esigenze del territorio, ha un organico pubblico pesantemente sottodimensionato e si è addirittura deciso di anticipare al 1 settembre l’apertura della stagione della caccia, esercitando un ulteriore pressione su una fauna selvatica già martoriata. Ma è in tutta Italia che si avverte l’inadeguatezza del sistema di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi, a cui non sembra avere giovato la soppressione del Corpo Forestale dello Stato operata dal governo Renzi e la privatizzazione, de facto, della flotta di canadair.

Secondo i dati raccolti dai carabinieri forestali solo il 2% dei roghi ha origine naturale. Per resto si tratta della mano dell’uomo, che va dall’accidentale, al colposo al doloso. Si tratta di un fenomeno complesso, che necessita prevenzione a tutti i livelli, ma anche, secondo Legambiente, di una verifica sul funzionamento e l’applicazione della legge quadro sugli incendi boschivi, la 353/2000, anche dopo il passaggio delle competenze dell’ex Corpo Forestale dello Stato ai Carabinieri e ai Vigili del Fuoco.

I reati di incendio doloso e colposo sono indubbiamente aumentati e questo unito ai cambiamenti climatici in corso, che intensificano gli effetti degli incendi, va ad aggravare anche il fenomeno della desertificazione. Anche per questo aspetto i dati sono già più che preoccupanti: un quinto del territorio nazionale è a rischio a causa delle siccità prolungate e l’aumento repentino delle temperature, che innescano processi di erosione, diminuzione della sostanza organica dei terreni e salinizzazione delle acque. Su questo fronte la Sicilia è nuovamente la regione più colpita, con il 49% del territorio definito «molto vulnerabile» da questo punto di vista, seguita da Molise, Basilicata (24,4%) e dalla Sardegna (19,1%).