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Oltre 10mila ebrei russi in Israele per sfuggire a Putin

Oltre 10mila ebrei russi in Israele per sfuggire a PutinFoto di archivio. Immigrate russe all'aeroporto di Tel Aviv – Jerusalem Christian Embassy

Ucraina In aperto dissenso con le politiche del Cremlino e contro la guerra, in gran parte sono partiti per evitare ritorsioni e gli effetti delle sanzioni economiche contro la Mosca

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 24 aprile 2022
Michele GiorgioGERUSALEMME

In gran parte dei casi sono ebrei aventi diritto a stabilirsi in Israele. Gli altri hanno solo deciso di andare nello Stato ebraico. In comune hanno la scelta dell’addio alla Russia perché sono contro la guerra in Ucraina o in dissenso con Vladimir Putin. Sono oltre 10mila i cittadini russi che hanno preso contatto con le autorità di Tel Aviv con l’intenzione di trasferirsi in Israele. Non pochi l’hanno già fatto. Vanno ad aggiungersi agli oltre 24mila ucraini, quasi tutti ebrei, sbarcati all’aeroporto Ben Gurion in queste settimane di guerra. Si uniranno a oltre un milione di persone immigrate in Israele dalla defunta Unione sovietica, in buona parte da Russia, Bielorussia e Ucraina. Un dato che dall’inizio della guerra ha messo Israele in una posizione difficile, a metà strada tra Mosca e Kiev, al punto da spingere il governo Bennett a non adottare sanzioni contro il Cremlino manifestando allo stesso tempo vicinanza al presidente ucraino Zelensky.

Alcuni di questi cittadini russi in questi giorni hanno rilasciato interviste ai media locali. Spesso usando uno pseudonimo. Come Oleg, un musicista che ha lasciato Mosca con la moglie e due bambini piccoli. «Non so se rimarremo qui. Probabilmente andremo da qualche altra parte», ha dichiarato non nascondendo la nostalgia per la Russia e qualche timore per un cambiamento di vita tanto repentino. La linguista sessantanovenne Olga Romanova ha spiegato all’agenzia Afp che non si sentiva più al sicuro in Russia. Per questo aveva già richiesto un passaporto israeliano dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014: «Allora ho capito che le cose stavano andando male in Russia. La guerra in Ucraina è incompatibile con il mio modo di pensare e i miei valori morali. Mi fa star male». Un caso particolare è quello dei registi Anna Shishova-Bogolyubova e Dmitry Bogolyubov, ora a Rehovot a sud di Tel Aviv. Si sentivano «braccati», hanno detto. Nel 2019 Bogolyubov ha diretto un documentario «Town of Glory» sponsorizzato da una istituzione tedesca, cosa che secondo loro avrebbe alimentato i sospetti delle autorità di Mosca che diffida dei film realizzati con finanziamenti esteri. «Negli ultimi mesi delle persone ci spiavano e scattavano fotografie sui set dei nostri film», ha riferito Shishova-Bogolyubova. Grazie alla discendenza ebraica hanno chiesto e ottenuto di partire per Israele.

L’ondata di immigrazione dall’Ucraina e dalla Russia è la più grande che Israele abbia visto dall’inizio degli anni ’90. Gli ultimi dati disponibili dicono che 12.593 potenziali immigrati dalla Russia sono sbarcati nel paese dall’inizio della guerra. Un flusso che pone qualche problema al governo Bennett che ha formato un comitato per capire come può garantire l’ingresso a qualsiasi ebreo russo senza violare le sanzioni contro Putin e il suo entourage. Dozzine di magnati ebrei russi hanno la cittadinanza o la residenza in Israele. Quattro di essi – Roman Abramovich, Mikhail Fridman, Petr Aven e Viktor Vekselberg – sono stati sanzionati a causa dei loro legami con Putin.

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