Ridondante, enfatico, eccessivo. Se si sfoglia Cercando la luce (traduzione di Carlo Prosperi, La nave di Teseo, pp. 534, € 22,00) la prima impressione è che il volume abbia gli stessi difetti dei film di un regista muscolare che riesce a inchiodarti alla poltrona, a cui manca però completamente il senso della misura e del gusto.

Nonostante il sottotitolo Autobiografia sembri promettere di più, il libro arriva fino alla serata del 30 marzo 1987 in cui Platoon trionfa con quattro Oscar. Inutile cercare, non c’è nulla su Wall Street, Talk Radio, Nato il 4 luglio, JFK-Un caso ancora aperto, Assassini nati-Natural Born Killers, Gli intrighi del potere-Nixon, i suoi film degli anni successivi che ne fanno – nonostante le concessioni al sensazionalismo – una delle figure più importanti del panorama hollywoodiano, uno dei pochi disposti a mettere in discussione la crisi del sistema politico, attaccando esplicitamente la cattiva coscienza dell’America reaganiana. Ma allora di cosa parla Cercando la luce? «Parla della voglia spasmodica di realizzare un sogno a tutti i costi, anche senza soldi. Parla dell’arte di arrangiarsi. Parla della volontà di non darsi mai per vinto. Parla di bugie spudorate, lacrime e sudore, sopravvivenza».

Stone nasce a New York il 15 settembre 1946 in una tipica famiglia middle class. Il divorzio dei genitori è il primo trauma. Dopo le high school, comincia a frequentare la Yale University. Ma a diciannove anni, più sradicato che mai, viaggia nel sud-est asiatico e finisce col fare l’insegnante a Saigon. Nel settembre del ’67, quando sta per compiere ventun anni, è di nuovo nel Vietnam, ma come soldato che si interroga sul lato più oscuro della «sporca guerra».

Al ritorno si iscrive alla School of the Arts della New York University, dove segue le lezioni di Martin Scorsese, che lo contagia con la sua appassionata cinefilia. È lì, in quei due anni alla Nyu che il cinema gli entra nel sangue. Impara quanto più possibile sul lavoro del regista, ma per parecchi anni scrive sceneggiature, continuando a covare il progetto di tornare per la terza volta nel sud-est asiatico per raccontare la sua guerra, il suo Vietnam. Senza smettere mai di cercare la luce: «Senza la luce non vai da nessuna parte, non si vede niente, anche ciò che vedi a occhio nudo ha bisogno di essere plasmato e potenziato dalla luce. È una condizione che mi ha accompagnato in tutta la mia carriera: sapere ogni giorno che stavo inseguendo il sole».