Il regista ucraino Oleg Sentsov, detenuto dal 2015 in un carcere di massima sicurezza in Siberia, ha raggiunto ieri il centesimo giorno di sciopero della fame, un periodo di digiuno che già dieci giorni fa – quando il presidente Macron aveva personalmente contattato Vladimir Putin per chiedere notizie dello stato di salute di Sentsov e uno sblocco della situazione – era ritenuto pericolosamente vicino a un punto di non ritorno.
Dopo la sua partecipazione al movimento di piazza Maidan Sentsov è stato processato e condannato a 20 anni di carcere con l’accusa di aver progettato degli attentati terroristici sul suolo russo, accuse rivoltegli da dei testimoni che hanno poi ritrattato quanto detto al processo, sostenendo che era stato loro estorto sotto tortura.

Per Sentsov si è da subito mobilitato un folto gruppo di registi e intellettuali, fra i quali il filmmaker russo Aleksandr Sokurov e Ken Loach, che hanno firmato petizioni per la sua liberazione – così come il Festival di Cannes che lo scorso maggio aveva rivolto un appello inascoltato a Vladimir Putin.
Lo sciopero della fame del regista è cominciato ormai più di tre mesi fa per chiedere la liberazione dalle carceri russe di settanta detenuti politici ucraini. Lo scorso giugno 38 paesi – tra cui la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti – si sono appellati al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres affinché perorasse con Putin la causa di Sentsov e di decine di altri detenuti ucraini.

Poi, il 10 agosto, una nota dell’Eliseo informava che il Presidente francese Emmanuel Macron aveva personalmente contattato il suo omologo russo per «invitarlo» a «trovare urgentemente una soluzione umanitaria» al caso. Putin si è impegnato a dare al più presto notizie della salute di Sentsov , che la cugina del regista Natalia Kaplan, in contatto con lui attraverso i suoi avvocati, aveva definito su Facebook «catastrofiche».
Ma dal carcere in cui è detenuto il regista, visitato da dei commissari di sorveglianza delle prigioni, hanno fatto sapere che il filmmaker «non si è lamentato di nulla» e ha rifiutato il trasferimento in ospedale dicendo di «non considerarsi malato».