Come ogni estate, ormai da trentasette anni, Tex abbandona il consueto albo in 110 tavole «formato Bonelli» ed esce con uno speciale di grandi dimensioni: è il «texone», appuntamento atteso da un pubblico più vasto di quello dei lettori fedeli, vista anche la consuetudine di accogliere sulle pagine dell’albo estivo un disegnatore «ospite», non presente abitualmente nello staff degli illustratori della testata.

È accaduto talvolta che il disegnatore del texone si trasformasse poi in una colonna portante della serie regolare (è il caso, per esempio, dei maestri spagnoli José Ortiz e Alfonso Font). Altre volte è stato chiesto di cimentarsi con le tavole «giganti» del texone a un autore grafico di punta della Sergio Bonelli che non avesse dimestichezza con il mondo del ranger e dei suoi pard (artisti prestati da Dylan Dog o Martin Mystère, per esempio): quest’anno la scelta è andata in questa direzione, e il nome del disegnatore, tra i più noti nell’universo Bonelli, è quello di Giampiero Casertano.

IL RISULTATO si può ammirare nelle tavole di Old South (pp. 240, € 9,90), nelle quali il tratto morbido e profondamente espressivo di Casertano offre una versione sorprendente – mai eccentrica, come si vede talvolta sulle pagine dei texoni, con risultati a volte entusiasmanti a volte meno – di Tex, Carson, Kit Willer, Tiger Jack e di un buon numero di villain.

«Nemici» che sono pensati dallo sceneggiatore per consentire a Casertano di esprimere al meglio un certo tocco grottesco dei suoi ritratti, tante volte visti sulle pagine di Dylan Dog.

La vicenda narrata è di impianto classico, come spesso accade al solido Pasquale Ruju, incline ad architettare «variazioni sul tema» partendo da soggetti per certi versi quasi archetipici. Qui, un gruppo di soldati confederati allo sbando dopo la fine della guerra civile del 1861-1865 (come si scopre da un breve antefatto che apre la storia) hanno trovato riparo in una valle ai confini del territorio indiano e hanno edificato una vera e propria città, da zero. Una cittadina fin troppo prospera: c’è il trucco.

«Old South», infatti (questo l’evocativo toponimo scelto dall’ufficiale capitano e poi sindaco Carraway), è stata costruita sulle fragili fondamenta di un segreto. Poco prima di smettere la divisa, il capitano aveva dato ordine di nascondere dai nemici (e non solo) un vero e proprio tesoro del quale il suo battaglione era venuto fortunosamente in possesso in un’azione di guerra.

DA QUESTE PREMESSE Ruju lascia fluire una traiettoria narrativa che sfiora, sul finale, l’apologo civile, nell’esibito dilemma tra ricchezza della nazione e illusione della propria grandezza. Nulla che possa coinvolgere Tex e compagni, naturalmente, che dividendosi tra apache ribelli, la frangia più spregiudicata dei veterani di Old South, e qualche damigella di frontiera che fa gli occhi dolci a Carson, pongono fine alla diatriba tra ex commilitoni ristabilendo la pace nella regione. Il finale, non c’è albo speciale che tenga, su Tex è sempre lo stesso. Per fortuna.