In Olanda i liberali di Rutte hanno vinto. La gran parte dei media esulta: bloccati i populisti del perfido Wilders. Ma l’entusiasmo farebbe meglio a lasciare un po’ di spazio a qualche riflessione un po’ più ponderata. Posto che i sondaggi non hanno mai fatto neppure annusare al Partito della Libertà quote governative, rimane il fatto che in uno dei paesi più ricchi, libertari e con una secolare tradizione di tolleranza un partito xenofobo è fra i più votati del paese, passando da poco meno di 600mila voti nel 2006 a 1,3 milioni nel 2017 (nel 2010 erano stati 1,4 milioni). Che succede?

Forse si capisce meglio se si considerano altri due dati: la polverizzazione dei laburisti (che hanno governato assieme alla destra di Rutte) crollati dal 24,8% al 5,7% e il brillante risultato dei Verdi di sinistra, che hanno quasi quadruplicato i voti.

Vedendo il panorama sociale, una ricerca di due studiosi mostra la moltiplicazione delle banche del cibo: centri di distribuzione gratuita di alimenti (di qualità non eccelsa come mostra un altro studio) per chi può mostrare di essere in uno stato di necessità; da quando la prima è stata fondata (2002) la loro importanza è cresciuta esponenzialmente. Secondo diverse ricerche, l’8% e il 14% dei bambini olandesi vive in famiglie sotto la soglia di povertà.

I Paesi Bassi sono un paese ricco: sesta economia dell’eurozona, che porta a casa massicci surplus di export superata solo dalla Germania (in relazione al PIL è la prima!), fra i più virtuosi dei paesi per i criteri di competitività del World Economic Forum. Ma la crisi ha morso pure lì: crescita -3,7% (2009), +1,4% (2010), +1,6% (2011), -1,5% (2012). E sono avvenuti i consueti salvataggi bancari, pari al 30% del PIL. L’Olanda ha uno dei sistemi bancari ombra più vasti al mondo in proporzione al PIL (cresciuto in maniera abonorme fra il 2004-2009), è molto integrata nella rete di interessi corporativi e finanziari euro-statunitensi, e ha visto una maestosa bolla immobiliare sostenuta dallo Stato stesso tramite un ente pubblico che garantisce i mutui di chi compra una casa. Come di norma una forte finanziarizzazione dell’economia si traduce in un indebitamento massiccio a vari livelli: per il 2014 McKinsey calcola un debito pubblico dell’83% sul PIL, un 127% delle aziende non-finanziarie e un 127% delle famiglie.

Fino agli anni Ottanta era riconosciuto come un modello sociale avanzato, che ha visto una erosione progressiva; in seguito ad una procedura d’infrazione dell’UE, dal 2011 il governo di coalizione (i liberali di Rutte assieme ai laburisti ultimamente polverizzati!) ha iniziato a far piovere misure di austerità sui cittadini. Il 12 ottobre 2015 ad Amsterdam manifestarono 15mila persone contro i tagli alla sanità pubblica, falcidiata a favore delle assicurazioni private e con l’aumento di un ticket per le cure mediche che già aumentato a 155 euro nel 2009 è stato elevato a 375 nel 2015! Altre conseguenze di tale quadro sono la mutazione di un numero assai alto di lavoratori subordinati in autonomi con minori garanzie sociali (si stimava che fossero circa 800mila nel 2013), che probabilmente abbassa il tasso di disoccupazione ufficiale e l’incremento del debito degli studenti per pagarsi l’università, che è passato in cinque anni da 12 a 17,6 miliardi, schizzato in alto in seguito ad un nuovo sistema di prestiti d’onore.

Il declino sociale non spiegherà tutto il successo del partito xenofobo di Wilders ma non lo si può ignorare. Cosa ci riserva il futuro? Dal 2014 assistiamo a una ripresa della crescita del PIL che stenta ad arrivare al 2%, secondo molti osservatori sospinta dalla ripresa dei prezzi immobiliari; se è così il PVV può aspettare fiducioso, prima o poi tutte le bolle scoppiano.