A quasi quattro mesi dalle elezioni politiche del 15 marzo, i Paesi Bassi sono ancora senza governo e rischiano di rimanere in questa situazione almeno fino a settembre, visto l’approssimarsi della chiusura estiva dei lavori parlamentari. Sono falliti inesorabilmente i tentativi di trascinare nel nuovo esecutivo il GroenLinks, il partito rosso-verde che a marzo aveva ottenuto il miglior risultato rispetto al turno precedente, triplicando i voti e passando da 4 a 12 seggi alla Tweede Kamer (la Camera bassa). Le posizioni del suo leader Jesse Klaver e degli altri, in particolare del premier uscente in quota Vvd, il liberale Mark Rutte, sono rimaste così distanti sul tema dell’accoglienza ai rifugiati da far naufragare i tentativi di due informateurs, la liberale Edith Schippers e il socialdemocratico Tjeenk Willink. Secondo quanto rivelato dallo stesso Klaver in un’intervista al quotidiano Volkskrant dopo il secondo e definitivo abbandono del tavolo delle trattative, oltre alle politiche migratorie, motivi di contrasto con gli altri leader sono emersi anche sulle politiche energetiche e sociali. A differenza che per il GroenLinks, infatti, non sono una priorità né il rispetto degli accordi di Parigi sul clima né le limitazioni ai bonus dei manager che le altre forze, anzi, consideravano degli ostacoli per trarre il massimo beneficio dalla Brexit, attirando a Amsterdam le aziende in fuga dalla City. «Le trattative, insomma, giravano intorno a una domanda: rendere le politiche meno peggiori o un po’ migliori? La risposta minacciava di essere la prima» ha concluso il leader ecosocialista Jesse Klaver per spiegare la sua scelta.

Ora la palla è passata in mano all’ex ministro delle finanze Gerrit Zalm che sta cercando di trovare la quadra tra il liberale Vvd, il progressista D66, il cristiano democratico Cda e il conservatore Cu per un governo di centrodestra. Nonostante la sua debolezza intrinseca, un solo voto di maggioranza e la diversità di vedute sui temi «etici» tra i possibili partner di coalizione D66 e Cu, questa combinazione sembra essere l’unica rimasta per dare vita a un esecutivo di maggioranza nel parlamento olandese visti i veti incrociati e l’indisponibilità dei singoli partiti. Se Gerrit Zalm non riuscirà presto a venire a capo della situazione, le trattative per il nuovo governo rischiano di superare il record di durata stabilito nel 1977 quando la formazione del primo esecutivo Van Agt durò più di sei mesi.

Intanto ai margini, escluso dalle trattative per le sue prese di posizione «sempre più radicali», come le ha definite il leader democristiano Buma, il populista Geert Wilders continua a alimentare sentimenti xenofobi, partecipando mercoledì alla manifestazione contro l’insediamento del nuovo sindaco di Arnhem, l’ex deputato socialdemocratico di origine marocchina Ahmed Marcouch, con lo striscione «No Arnhemmistan. Stiamo perdendo la nostra terra!».