Approvata in Senato la riforma del Codice Antimafia con 129 sì, 56 contrari e 30 astenuti, ma il ddl ha avuto un iter molto sofferto e rischia di non vedere l’approvazione definitiva. Il provvedimento passa ora alla Camera, ma se come preannunciato dalla stessa maggioranza dovesse subire nuove modifiche l’ulteriore rimpallo a Palazzo Madama rischia di arrivare fuori tempo massimo rispetto alla fine della legislatura. Avversata dal centrodestra – Forza Italia e Lega, Ap ha lasciato libertà di voto e ieri la ha appoggiato con soli sette sì – la legge è invece andata in porto grazie all’ok di Pd e sinistra, mentre i Cinquestelle si sono astenuti perché – hanno motivato sul blog di Grillo – le recenti modifiche hanno annacquato il testo.

NEL DETTAGLIO, come detto, solo 7 senatori di Ap hanno votato sì (il provvedimento era stato definito «strategico» per la maggioranza dal capogruppo Pd Luigi Zanda) e in 16 non hanno votato, mentre uno solo, Maurizio Sacconi, ha detto no al ddl. Numerose le assenze anche nel Pd: sono 12 i dem che non hanno votato. E anche tra i senatori Cinquestelle che avevano annunciato l’astensione in 11 sono risultati assenti. E le vistose assenze, infine, nel gruppo Misto, in Ala (7) e in Forza Italia (9) hanno contribuito ad abbassare il quorum.

Il punto più controverso del ddl prevede l’estensione delle misure preventive – sequestro e confisca dei beni, obbligo di soggiorno – dai reati di mafia a quelli contro la pubblica amministrazione, dunque anche ai funzionari e politici corrotti o accusati di peculato semplice: ma nelle ultime settimane erano state sollevate delle riserve da parte del costituzionalista Sabino Cassese, condivise anche da Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, autorità anti corruzione. Questa norma, è la critica, conterrebbe profili di incostituzionalità.

UNA RECENTE modifica al ddl, poi, ha ristretto la platea dei possibili indiziati passibili delle misure preventive disponendo che sia necessario un ulteriore requisito: non basterà l’accusa di corruzione o peculato, ma sarà necessaria anche quella di associazione a delinquere.
Questa modifica ha sollevato ancora di più il coro delle polemiche, rafforzando ad esempio le ragioni del no da parte dei Cinquestelle. E lo stesso Pd, d’altronde, non ha escluso ulteriori emendamenti nel prossimo passaggio alla Camera: «Le sollecitazioni di Cantone sul codice antimafia meritano di essere approfondite. Lo faremo appena il testo tornerà alla Camera», aveva twittato martedì scorso il presidente Matteo Orfini.

«Il Pd, come al solito, sul contrasto alla corruzione predica bene e razzola male – ha scritto ieri dopo l’approvazione del testo l’M5S sul blog di Beppe Grillo – Il partito di Renzi all’ultimo minuto ha presentato in Aula e non in Commissione, dove per 3 anni è stato discusso il provvedimento, un emendamento che depotenzia il testo e di fatto riduce molti degli elementi positivi che la norma poteva avere in principio».

SÌ, INVECE, DA PARTE di Sinistra italiana, ma con riserva: «Sinistra italiana ha votato a favore – spiega il senatore Corradino Mineo – perché lo chiedevano tutte le organizzazioni impegnate nel contrasto del fenomeno mafioso e perché si introducono misure di prevenzione, quali il sequestro dei beni, anche per i corrotti che abbiano accaparrato capitali illeciti in concorso con altri, nell’ambito di una organizzazione a delinquere. Tuttavia siamo consapevoli dei limiti, pesanti, del provvedimento». «È singolare – aggiunge Mineo – che il presidente del Pd, Orfini, dopo aver taciuto lungo l’iter, non breve, della legge, abbia scoperto ora che essa andrebbe modificata alla Camera. Così mettendone a rischio la trasformazione in legge».

Ragionamento simile da parte della Cgil, che ravvisa dei limiti nella legge, ma ne auspica comunque l’approvazione definitiva: «È tempo di mettere un punto fermo e di approvare alla Camera in via definitiva questa riforma attesa da cinque anni, da quando – ricorda il segretario confederale Giuseppe Massafra – ci siamo messi in cammino con Libera, Avviso Pubblico, Arci, Centro Studi Pio La Torre, Sos impresa e Acli, raccogliendo le firme per la legge di iniziativa popolare “Io Riattivo il Lavoro”, insieme al prezioso operato della Commissione Parlamentare Antimafia».