Per Matteo Renzi «l’Africa oggi è la priorità». Lo ha detto ieri da Abuja, in Nigeria, durante la prima tappa di una visita di tre giorni nell’Africa Sub-sahariana che lo vedrà impegnato anche in Senegal e Ghana.

Con lui una delegazione composta, tra gli altri, da rappresentanti di Eni, Enel, Confindustria, Sace e Cdp e dal capo della polizia Alessandro Pansa che ha firmato con il suo omologo nigeriano Solomon E. Arase un memorandum d’intesa per la lotta al traffico di esseri umani e di collaborazione reciproca per i rimpatri dei nigeriani che non hanno diritto a restare in Italia. Lotta al terrorismo e alla povertà, investimenti e cooperazione i temi chiave in agenda. Al presidente nigeriano Muhammadu Buhari il premier italiano ha assicurato che «asseconderemo la sua leadership nella lotta al terrorismo». Il viaggio è iniziato in un momento carico di tensione dopo l’attentato di Boko Haram di domenica nella regione del nord-est.. L’intero villaggio di Dalori – a circa 12 chilometri da Maiduguri – è stato raso al suolo in un raid dei miliziani islamisti giunti a bordo di auto e motociclette che hanno aperto il fuoco contro i residenti e dato fuoco alle case in un assalto durato circa quattro ore.

Almeno 86 i corpi crivellati (tra cui anche bambini) – sparsi per le strade o rimasti carbonizzati nel rogo e per l’esplosione di tre kamikaze – e circa un centinaio i feriti. Il giorno prima a scatenare il panico tra le comunità di Brass – nello stato di Bayelsa – era stata invece l’esplosione (a opera di sospetti gruppi ribelli della regione del Delta del Niger) di un oleodotto della Nigerian Agip Oil Company (Naoc) – una sussidiaria dell’Eni – che ha causato un’enorme fuoriuscita di greggio in mare. Il secondo più grande attacco di questo tipo dopo che il mese scorso è stato emesso un mandato di arresto contro l’ex leader del Movement for the Emancipation of the Niger Delta Government Ekpemupolo, noto come Tompolo. Ma in Africa, oltre alla lotta al terrorismo Renzi, punta a rafforzare i rapporti economici e commerciali. Priorità assolute ad Abuja, se si considera che il gigante nigeriano vanta un pil di 530 miliardi di dollari (circa il 30 per cento dell’intera economia sub-sahariana) e rappresenta per l’Italia il primo partner commerciale tra i Paesi sub sahariani, dopo il Sudafrica, con un volume di interscambio a fine 2011 di 2.397 milioni.

Nella sua e-news agli iscritti del Pd il premier ha spiegato come sia «cruciale anche investire con la cooperazione allo sviluppo e con gli investimenti. In questo senso l’Africa è decisiva: un continente ricco di opportunità che per troppo tempo la nostra politica ha fatto finta di non vedere». Aggiungendo da Abuja: «Considero molto positive le possibilità di fare alcuni investimenti in energia, petrolio e gas, soprattutto con Eni, ma anche in infrastrutture e logistica». L’Italia dalla Nigeria importa soprattutto greggio e gas, oltreché cuoio e prodotti agricoli ed esporta principalmente prodotti petroliferi raffinati, macchinari di ricambio, apparecchiature elettriche, prodotti chimici e autoveicoli.. Temi obbligati dunque tanto quello della lotta al terrorismo (visto la strage di Dalori e l’attacco contro l’oleodotto dell’Agip) quanto gli investimenti nel settore energetico che vedono il coinvolgimento diretto dell’Eni. Soprattutto con la vicenda del giacimento Opl 245 finito al centro di una inchiesta internazionale per corruzione da parte della procura di Milano, della National crime agency del Regno Unito e della nigeriana Economic and Financial Crimes Commission (Efcc). Uno scandalo di grandi proporzioni e tangenti – denunciato inizialmente dalle due organizzazioni anti-corruzione Re:Common e Global Witness – per le quali il pm di Milano ha iscritto nel registro degli indagati Luigi Bisignani, l’ex presidente dell’Eni Paolo Scaroni e l’attuale Claudio Descalzi.

Secondo l’accusa, dell’1 miliardo e 300 milioni di dollari con cui la concessione Opl 245 fu acquistata da Eni e Shell nel 2011, una parte andò a finire nella casse della Malabu Oil & Gas Ltd dell’ex ministro nigeriano del petrolio Dan Etete (e presumibilmente non solo nelle sue). Proprio a dicembre scorso la Southwark Crown Court di Londra ha respinto la richiesta presentata da Dan Etete di sbloccare gli 84 milioni di dollari sequestrati su richiesta della procura di Milano in quanto legati all’aggiudicazione dell’«Opl 245». Mentre dalle intercettazioni al vaglio della corte britannica, sarebbe emerso il coinvolgimento nell’affare anche dell’ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan. Secondo quanto riportato dal quotidiano nigeriano Premium Times, ora però il governo nigeriano conterebbe di riprendersi il ricco giacimento petrolifero (il più ricco dell’Africa con una capacità di circa 9 miliardi di barili di greggio) dai due colossi Eni e Shell. In questo caso, se Buhari approvasse, Eni e Shell non solo perderebbero la concessione ma verrebbero multati miliardi di dollari per attività illecite tra cui il pagamento di tangenti.Una vicenda questa sicuramente tra le priorità più delicate per il premier italiano ad Abuja.