Un compromesso geneticamente modificato. E’ questo l’accordo politico raggiunto nel consiglio dei ministri dell’ambiente Ue che ieri si è riunito in Lussemburgo. L’Europa si prepara ad aprire le porte alle coltivazioni transgeniche ma in cambio concederà ai singoli stati il diritto di poterle vietare su una parte o sulla totalità del proprio territorio nazionale. La chiamano “rinazionalizzazione del transgenico”. Il ministro dell’ambiente italiano Gian Luca Galletti ha espresso soddisfazione. Prima dell’incontro ha twittato: “No ogm in Italia. Una partita da vincere come quelle del mundial in Brasile”. Incassato il voto del consiglio ha chiesto collaborazione a tutti gli stati per aiutare la prossima presidenza europea dell’Italia a chiudere la partita al più presto. Anche le associazioni dei coltivatori Cia e Coldiretti hanno accolto bene il parere del consiglio Ue. Mentre Assobiotec Italia, per bocca del presidente Alessandro Sidoli, ha definito l’accordo “assurdo e contro il fondamento comunitario della libera circolazione dei prodotti”. Greenpeace e Slow Food hanno denunciato i rischi che si nascondono dietro quella che sembrerebbe una vittoria per il fronte ogm-free.

Già nel 2011 il parlamento europeo in prima lettura aveva licenziato un provedimento simile. La pratica poi era passata alla Comissione e ai consigli dei ministri per un lungo e periglioso iter durato tre anni. Adesso si è raggiunto un compromesso al ribasso. Gli stati portano a casa il diritto di divieto di coltivazione sul proprio suolo ma in cambio permeteranno alla Commissione Ue di dare autorizzazioni a nuovi semi gm senza costituire più quel blocco di minoranza che in questi anni è riuscito a difendere l’Europa dall’invasione transgenica. Non solo. Il diritto di divieto dei singoli stati non potrà più contenere valutazioni sanitarie e ambientali ma solo considerazioni socio-economiche. Inoltre, secondo Greepeace e Slow food, l’accordo non darebbe abbastanza garanzie: gli stati potrebbero vedersi citare in giudizio dalle multinazionali per ostacolo al libero commercio. Senza contare il fatto che la procedura garantirebbe alle industrie agroalimantari un ruolo paritetico rispetto agli stati.

La complessa procedura pottrebbe funzionare così. L’industria produttrice del seme presenterà domanda per l’approvazione alla Commissione che dopo averla valutata sulla base del parere tecnico-scientifico dell’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) deciderà se dare l’ok. Una volta arrivato il via libera da Bruxelles, il singolo stato potrà esprimere la propria richiesta di divieto sul territorio nazionale. Ma le industrie protrebbero anche decidere di non ritirare la richiesta di coltivare su quel territorio. A quel punto la Commisisone se ne laverebbe le mani e tutta la procedura di divieto ricadrebbe sugli stati. E non finisce qui. “Nel 2010 – spiega Federica Ferrario, responsabile ogm di Greenpeace – il consiglio dell’ambiente europeo all’unanimità aveva votato delle raccomandazioni che stabilivano una revisione profonda delle procedure e dei controlli in vista delle autorizzazioni. Non sono mai state adottate e su questo non si sono fatti passi avanti”.

Adesso la patata bollente geneticamente modificata passa nelle mani del semestre di presidenza europea dell’Italia. Sarà proprio il nostro governo a dover trovare la strada per l’approvazione definitiva dell’accordo da parte del nuovo parlamento Ue. Una strada che però sembra segnata. Le pressioni sono fortissime, non sarà facile arginare gli appettiti delle multinazionali e la spinta pro ogm implicita nel trattato di libero scambio tra Ue e Usa (Ttip).

Intanto, anche nel nostro paese, nonostante la stragrande maggioranza dei cittadini sia contraria agli ogm, continua il lavoro di lobby pro biotech. 700 coltivatori hanno scritto una lettera alla senatrice a vita Elena Cattaneo pasdaran pro ogm per chiedere che il parlamento gli riconosca il diritto di coltivare quello che vogliono. Di parere opposto il Consiglio di stato che ieri ha confermato la decisione del Tar del Lazio di bloccare le semine biotech in corso nei campi del Friuli rinviando la definitiva decisione nel merito al 4 dicembre quando potrebbere già entrare in vigore la nuova normativa Ue.