Il nodo meno facile da sbrogliare sul Ttip è sull’agricoltura. Tra le righe, nascoste all’opinione pubblica, è evidente che in questo settore la presunta «armonizzazione» della normative americane ed europee aprirebbe un’autostrada all’ingresso degli Ogm nel vecchio continente. Ne parliamo con Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace.
In che modo gli Usa starebbero facendo pressioni per immettere sul mercato europeo nuovi Ogm?
È una delle partite più complicate. L’Ufficio del commercio statunitense lo ha detto chiaramente lamentando il fatto che le politiche europee sugli Ogm limitano l’importazione e l’uso di materie prime agricole statunitensi ottenute con biotecnologie. Dopo 20 anni di fallimenti – le multinazionali biotech che avrebbero dovuto sfamare il mondo hanno prodotto solo soia, mais, cotone e colza per la mangimistica animale – i produttori di Ogm hanno sperimentato una nuova gamma di piante geneticamente modificate. Negli Usa non c’è alcun tipo di regolamentazione e alcuni di questi prodotti sono già sul mercato, mentre l’Ue deve ancora decidere come comportarsi per normarne l’eventuale commercializzazione. La Ue avrebbe dovuto pronunciarsi nel 2015 ma continua a tergiversare. Sembra che la decisione sia già stata presa, solo che le carte da mesi continuano a rimanere nel cassetto perché gli Usa non sono soddisfatti del risultato. Perché non le rendono pubbliche?
Per Greenpeace questo ritardo è il segno di un complotto?
Che senso ha prendere tempo in una fase così delicata delle trattative? Ci sono nuovi prodotti geneticamente modificati che negli Usa sono già in commercio e ci sono aziende che stanno chiedendo all’Europa di poter fare sperimentazioni, come la Cibus per una nuova varietà di colza. I negoziatori americani stanno cercando di modificare le norme europee relative a questi nuovi Ogm.
Si parla di ritorsioni nei confronti dell’Europa se dovesse irrigidirsi anche nei confronti di queste nuove tecniche.
Il ricatto è probabile, sembra che gli Usa stiano mettendo sul piatto della bilancia alcune misure per penalizzare le esportazioni di automobili europee. Per gli americani l’agricoltura, in tutti i suoi aspetti, è la partita più importante. Tra i due sistemi c’è una differenza concettuale: qui vige ancora il principio di precauzione, là chi commercializza non si deve assumere l’onere di dimostrare che il prodotto non è dannoso per le persone e per l’ambiente. Adesso le multinazionali agrochimiche stanno cercando di aggirare le norme europee dopo aver investito in una nuova tecnica per modificare artificialmente il genoma; queste nuove tecniche – definite new breeding techniques – non devono rientrare nel campo di applicazione delle normative europee che regolano la presenza di Ogm. Le norme non impediscono l’importazione o la coltivazione di Ogm in Europa, ma richiedono una specifica valutazione dei rischi sanitari e ambientali, e l’etichettatura dei prodotti per consentire la libera scelta dei consumatori. Gli Ogm definiti Nbt sono un trucco, vogliono solo immetterli sul mercato a insaputa del consumatore.
Si tratta di Ogm 2.0 ottenuti con nuove tecniche di gene-editing, in che cosa si differenziano da quelli tradizionali? Ci sono effetti indesiderati?
Per i produttori queste tecniche generano mutazioni che potrebbero avvenire in modo naturale e per questo dovrebbero essere regolati da applicazioni commerciali diverse rispetto ai classici Ogm. In realtà non c’è nulla di naturale, le tecniche di gene-editing modificano il codice genetico utilizzando materiale che non proviene dall’organismo bersaglio. Sono sperimentazioni nuove per cui ci sono ancora pochissime informazioni, ma come le tradizionali tecniche di ingegneria genetica potenzialmente possono comportare rischi e manifestare effetti indesiderati o dannosi sul breve o lungo periodo. Non sono piante convenzionali, dunque perché non tracciarle? Solo per renderle invisibili ai consumatori europei!
Se non fosse obbligatorio tracciare e segnalare la nuova tecnica Nbt sul prodotto, i consumatori europei presto potrebbero ritrovarsi sugli scaffali alimenti Ogm?
Certamente. Finirebbero nel piatto, e nella filiera alimentare, Ogm non etichettabili. Bisogna stare attenti alla trappola del cosiddetto made in Italy da tutelare, non vorrei che l’Europa sia costretta a barattare il mantenimento della Dop sui propri prodotti con una regolamentazione a maglie larghe per i nuovi Ogm. Sarebbe una bomba ad orologeria per il nostro sistema agricolo. L’Italia è come un orto rispetto alla posta in gioco globale, sarebbe un suicidio.
Avete scritto una lettera dura al ministro per le politiche agricole Maurizio Martina. La sua posizione anti-Ogm non vi convince?
Continua a ripeterlo, però se andiamo a rileggere alcune sue dichiarazioni più volte ha definito «sostenibile» questa nuova tecnica di ingegneria genetica. Non vorrei che alla fine fosse costretto ad inciampare in dirittura d’arrivo per ottenere un lasciapassare per i nostri prodotti di qualità.
La Commissaria europea al commercio Cecilia Malmstrom ha ribadito che gli accordi commerciali sul Ttip non cambieranno le regole in materia di Ogm. Poco credibile anche lei?
Gli Usa propongono di abbassare gli standard europei e nei documenti segreti pubblicati non ci sono proposte europee per controbilanciare le pressioni. La Commissaria pubblichi i documenti e dimostri il contrario.
L’opinione pubblica è ostile agli Ogm, ma oggi non ci sono mobilitazioni come 10 anni fa e la propaganda pro Ogm è molto invasiva. Non c’è il rischio di perdere questa battaglia?
Dobbiamo spiegare la vera posta in gioco, in Italia non esiste una discussione pubblica. Bisogna riconquistare spazi per spiegare ai cittadini che stiamo parlando della vita concreta delle persone, in Europa abbiamo lottato per chiudere la porta agli Ogm e adesso stanno cercando di farli rientrare dalla finestra