Dopo la falsa partenza della scorsa settimana il via arriverà oggi pomeriggio, quando al Senato si voteranno le pregiudiziali di costituzionalità sulle unioni civili.

La partita vera, però, è rimandata ancora una volta di sette giorni, fino a martedì prossimo quando lo scontro tra gli schieramenti contrapposti e trasversali di laici e cattolici sul ddl Cirinnà entrerà finalmente nel vivo con il voto sugli emendamenti.

Solo allora, dopo che il presidente del Senato Grasso avrà deciso quali e quanti ammetterne e su quali porre il voto segreto, si capirà se la maggioranza alternativa composta da Pd, M5S, Sel, socialisti e verdiniani resisterà fino a portare a casa la legge così com’è, oppure no. Il Pd ha quindi ancora sette giorni di tempo per trovare la quadra tra i suoi senatori sempre divisi sulla stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio del partner, prevista all’articolo 5.

Per il partito del premier il Family Day di sabato scorso non ha provocato alcun cambiamento di linea, come qualcuno temeva.

Sarà che alla fine la piazza, per quanto affollatissima, si è rivelata ben al di sotto delle aspettative degli organizzatori, ma già poche ore dopo la fine della manifestazione Matteo Renzi aveva fatto sapere ai suoi che nulla sarebbe cambiato. «Si va avanti come deciso», ha ripetuto il premier. Vale a dire: il ddl non si tocca.

A sorpresa poi un aiuto in più, e non di poco peso, è arrivato anche da papa Bergoglio che all’Angelus di domenica non solo non ha speso parole per il Family Day, ma commentando il Vangelo ha ricordato come «nessuna condizione umana può costituire motivo di esclusione dal cuore del Padre».

Contrariamente a quanto ci sarebbe potuto aspettare, a essere maggiormente sotto pressione in queste ore non è quindi il Pd ma il centrodestra, che al Circo Massimo ha schierato una nutritissima pattuglia di parlamentari. Nel mirino c’è soprattutto il Ncd di Angelino Alfano atteso adesso alla prova dei fatti. Lo a ricordato ieri all’Huffpost il direttore della Croce, nonché tra i leader della manifestazione di sabato scorso, Mario Adinolfi: «La piazza ci ha dato un mandato chiaro: la legge va ritirata ed è possibile arrivare a questo obiettivo. Il referendum non è una opzione credibile. La battaglia va fatta adesso», ha spiegato Adinolfi, per il quale se il ddl Cirinnà non dovesse essere ritirato il Ncd dovrebbe aprire una crisi di governo, anche per non alimentare i sospetti sorti con i nuovi incarichi avuti con il rimpasto di governo. «Noi crediamo nella buona fede delle persone – ha proseguito infatti Adinolfi -. Valuteremo a posteriori se quelle poltrone sono state una moneta di scambio per avere un sostanziale via libera al ddl Cirinnà. E lo valuteremo sulla base delle scelte che faranno».

Dall’altra parte della barricata (si fa per dire), il Pd prende tempo. La riunione del gruppo al Senato di stamattina è slittata a martedì prossimo. Ufficialmente per vedere quanto emendamenti la Lega taglierà in cambio del ritiro del «super-canguro», come da accordo stretto tra il capogruppo del Carroccio Centinaio e quello dem Zanda.

In realtà anche il Pd preferisce far sbollire il Family Day prima di discutere di una questione delicata come il che fare con la stepchild adoption.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, le posizioni tra i cattolici e laici restano infatti ancora forti e i due emendamenti di mediazione preparati dai senatori Lumia da una parte (maggior potere ai tribunali minorili nel decidere l’adozione) e Marcucci-Pagliari dall’altra (una pre-adozione di due anni prima di arrivare a quella definitiva) non soddisfano le esigenze di tutti.

«Qualche aggiustamento si può ancora fare, ma non si può stravolgere la legge», ha ricordato nuovamente Zanda. Che deve tener contro anche dei paletti post dal M5S. Con i grillini non c’è infatti nessun nuovo accordo, anche perché da mesi ripetono di essere pronti a votare il ddl anche parzialmente modificato, a patto che però che non venga stravolto.