Tutto il mondo si è accorto dei sud coreani che protestano contro l’installazione del Thaad, il sistema anti missilistico «imposto» dagli Usa a un paese – di fatto – senza guida politica a causa dell’impeachment e successiva destituzione della presidente Park e la convocazione di nuove elezioni. Le associazioni e i singoli che da oltre un anno protestano contro il Thaad e che di recente hanno aumentato la propria lotta a causa dalla frettolosa installazione voluta da Trump, non costituiscono una novità in una società che detiene da sempre sacche di pacifismo e spinta alla piazza, a dimostrarne vitalità e freschezza. Del resto anche la parabola della stessa Park ha dovuto fare i conti proprio con le manifestazioni degli studenti, contro la corruzione del potere politico e la stagnazione economica.

ECONOMIA E LAVORO, non a caso, sono stati gli argomenti principali di questa campagna elettorale, all’interno della quale, solo di recente e a causa della crisi coreana, si è inserito il tema della sicurezza nazionale. Si tratta di elezioni storiche, fin dalla loro genesi. La precedente presidente Park Geun-hye ha infatti stabilito parecchi record: è stata la prima donna a essere eletta presidente ed è stata la prima inquilina della Casa blu, ormai simbolo di corruzione e immoralità, fin dalla democratizzazione del paese nel 1987 a subire un impeachment dal parlamento. E ancora, per la prima volta, dopo la destituzione sancita dalla Corte costituzionale è stata arrestata e immediatamente incriminata per corruzione. Da questo evento sono arrivate altre importanti novità: per la prima volta la corsa presidenziale non vede un candidato conservatore forte e dato per favorito; in diciotto elezioni presidenziali precedenti, solo due volte hanno vinto i democratici: con Kim Dae-jung nel 1997 e con Roh Moo-hyun nel 2002.

QUESTE ELEZIONI sanciscono la fine di una forza conservatrice in una società che viene sempre considerata decisamente moderata. Ma il candidato dei democratici, Moon Jae-in, è dato in testa a tutti i sondaggi con il 40% dei voti. Il suo principale rivale Ahn Cheol-soo, alla guida di una formazione nata a febbraio scorso, il «partito del Popolo», pure lui con un profilo progressista, è dato al 30% e ha provato a spostarsi a destra per riuscire a conquistare proprio i conservatori delusi dal vecchio partito Saenuri oggi diviso in due fazioni, di cui solo uno, il partito della libertà guidato da Hong Joon-pyo, 62 anni, appare poter competere con gli altri due concorrenti, seppure con percentuali più basse intorno al 10%.

LE RIFORME, l’economia, il lavoro sono al centro della contesa fin dai primi giorni di campagna elettorale, poi grazie a Trump e Kim Jong-un la questione dei rapporti con la Corea del Nord è diventata più rilevante. Quanto alle riforme, c’è da mettere mano alla costituzione e modificare la figura del «presidente imperiale»; servono poi misure per arginare il potere dei conglomerati, i chaebol, e risolvere con «idee fresche» come suggerisce il Financial Times, le questioni legate all’ineguaglianza sociale (la differenza di reddito in Corea del Sud tra ricchi e poveri è la più alta del continente), alla stagnazione economica e alla disoccupazione.
I sud coreani potrebbero andare a votare in massa: nell’«early voting» della scorsa settimana hanno votato 10 milioni di persone, il 24% dell’elettorato potenziale.

IL FAVORITO è il democratico Moon Jae-in: figlio di profughi di quella che oggi è Corea del Nord. A questo proposito ha detto che suo padre era «fuggito dal Nord, perché odiava il comunismo. Io stesso odio il sistema della Corea del Nord. Ciò non significa che bisogna lasciare il popolo del Nord a soffrire sotto un regime oppressivo».

Secondo la sua autobiografia, giunto al Sud vive un’infanzia segnata dalla povertà: «Ma i benefici ci sono stati: sono diventato indipendente, più maturo». La sua famiglia lo sostiene e riesce a mandarlo all’università: Moon viene arrestato una prima volta proprio durante le proteste contro l’allora dittatore Park, padre della presidente che secondo i sondaggi Moon sostituirà alla guida del paese. Poi diventa avvocato, si occupa di diritti civili, delle tante vittime della repressione del regime del Sud. Poi quando il suo vecchio amico Roh diventa presidente lui ne diventa principale consigliere.

È l’epoca della seconda vittoria democratica e di grandi aperture – economiche e diplomatiche – nei confronti del Nord. Una politica che Moon vorrebbe riportare in auge oggi, offrendo un approccio pacifista a un atteggiamento che negli ultimi anni era diventato molto aggressivo, fino alla chiusura del complesso di Kaesong, simbolo della cooperazione dei due paesi.