L’unica guest star di stamattina al Teatro Brancaccio di Roma sarà Nicola Zingaretti. Per il lancio ufficiale del suo ’Campo progressista’ l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia sul palco accanto a lui ha voluto un unico politico, il popolare presidente della Regione Lazio. Aprirà la kermesse, come uno di famiglia. Pisapia invece la concluderà. In mezzo, fra i due interventi, verranno presentate dieci esperienze in atto di innovazione sociale e ambientale di sindaci e amministratori. Gli altri ’big’ politici siederanno in platea. Ci sarà la triade del Movimento democratici e progressisti – Roberto Speranza, Arturo Scotto e Enrico Rossi – insieme al capogruppo alla camera Antonio Laforgia, verrà letto un messaggio di saluto dell’europarlamentare Goffredo Bettini; fra gli altri ci saranno anche i socialisti del Psi. Ovviamente ci sarà Massimiliano Smeriglio, numero due della Regione e trait- d’union fra il suo presidente e Pisapia, della cui area è uno dei principali promotori.

Proprio per questo è l’apertura delle danze da parte di Zingaretti a segnalare la novità politica della giornata di oggi. Lui stesso domattina sarà il ’big’ di un altro palco, pochi passi più avanti, quello del Teatro Eliseo dove il candidato alle primarie Andrea Orlando lancerà ufficialmente la sua corsa verso la segreteria Pd. Il presidente della regione da subito aveva salutato con attenzione l’impegno di Pisapia per la ricostruzione di un nuovo centrosinistra, lo stesso che aveva auspicato all’indomani della sconfitta referendaria. Alla Pisana, la sede del consiglio, si schiera anche la maggioranza dei consiglieri regionali Pd e della pattuglia degli ’ex-listino’ poi traghettati nel Pd al seguito di Zingaretti. Quella stessa regione dove lunedì nascerà il gruppo di Mpd.

E così ora il presidente è di fatto il ponte fra la corsa di Orlando, altro fautore di un nuovo centrosinistra, e il cammino di Pisapia e dei suoi. Cammino iniziato in realtà in un momento in cui Renzi, all’epoca ancora segretario del Pd, si apriva all’ipotesi di alleanze. Ora lo scenario è molto cambiato. Ieri al Lingotto l’ex premier ha sfumato molto l’idea delle alleanze. Ed è tornato a quella della vocazione maggioritaria del Pd. Il suo nuovo braccio destro, Maurizio Martina, lombardo, si è incaricato di non abbandonare il filo con l’ex sindaco: «A noi interessa il progetto per l’Italia. La scissione è stato un grave errore. Se guardo alle città, il modello naturale e vincente è quello di Milano, dove abbiamo lavorato benissimo con Pisapia». Eppure proprio da Milano ora a Renzi arriva una corrente di acqua fredda. Ieri al Lingotto si notava l’assenza del sindaco Beppe Sala. A spiegarne il motivo è la milanesissima piattaforma online Stati generali. «Proprio a Milano, nella “sua” Milano, un pezzo significativo del gruppo dirigente e dei militanti, anche alcuni renziani della prima ora e molti della seconda, hanno annunciato il loro sostegno ad Orlando. Addirittura in consiglio comunale, la maggioranza dei consiglieri Pd è schierata apertamente col ministro della giustizia», scrive il direttore Jacopo Tondelli, segnalando il disappunto di Renzi di fronte alle ultime prese di posizione del sindaco in carica contro le intemperanze renziane: la richiesta di non andare subito alle elezioni quando il leader Pd scalpitava; ed ora l’auspicio – con una lettera firmata insieme a Sergio Chiamparino sul Corriere della sera – di «un cambio di passo» nel Pd e fuori. E la risposta di Orlando: «L’idea di partito e di leadership che avete tratteggiato, sia anche la mia. Anzi, è la ragione per cui mi sono candidato».

Così ora anche Pisapia sembra orientarsi, con la cautela del personaggio, verso l’idea di alleanze che il Guardasigilli mette al primo posto. «Mi aspetto che il Pd faccia una scelta definitiva di guardare a sinistra e di decidere una volta per tutte che il campo del Pd è il campo di centrosinistra e quindi salvaguardare una coalizione che, se unita, potrebbe cambiare la prospettiva futura del Paese», dice l’ex sindaco. Parole «che fanno bene alla costruzione di un nuovo centrosinistra», commenta l’ex Pd Rossi. Concetto che invece Renzi non ha neanche voluto citare all’apertura del suo Lingotto. Neanche en passant.