C’è un passaggio del discorso con cui oggi alle 11.45 Enrico Letta presenterà il suo nuovo Pd che dà l’idea del progetto ambizioso che ha in mente: «Ci sono milioni di persone più fragili e il Pd deve parlare a loro, uscendo dalle ztl, dai centri urbani per rivolgersi alle aree più periferiche, geograficamente e socialmente». Ai più vulnerabili, agli esclusi, i dem «devono ricominciare a dare risposte», cominciando già in questi mesi del governo Draghi, ma pensando al dopo, al nuovo centrosinistra che dovrà essere in campo alle elezioni.

GLI ESCLUSI, LA TRANSIZIONE ecologica, la sostenibilità ambientale e sociale sono i temi chiave dell’agenda politica, con un accento sulla parola «riformismo» che «non può diventare un’ideologia, dev’essere un mezzo, non un fine». Sul partito la parola chiave sarà «apertura», in primo luogo ai giovani, ma anche a tanti elettori di centrosinistra che si sono sentiti respinti «da un partito ripiegato su se stesso», che «discute solo di ruoli di potere».

Non ci sarà solo la discussione nei circa 6mila circoli che il nuovo leader vuole promuovere nelle prossime due settimane. Ma anche forme di coinvolgimento dell’associazionismo, delle realtà civiche, come avviene in Francia. «C’è un istanza di partecipazione che dobbiamo raccogliere senza retorica ma con un processo vero», il pensiero di Letta, che pensa alle sardine, ma non solo. Ieri ha lavorato per tutta la giornata alla relazione. Si è sentito con Romano Prodi e con Zingaretti, nei giorni scorsi aveva parlato a lungo con il premier Draghi.

DOPO SETTE ANNI DI ASSENZA (dopo la defenestrazione da palazzo Chigi), Letta rientrerà nella sede del Nazareno, e da lì ribadirà agli oltre mille delegati collegati online quello che ha detto venerdì nel video in cui annunciava la candidatura: «Non cerco l’unanimità, tanto meno di facciata. Ben venga il confronto, ma in un clima di verità nei rapporti e di rispetto reciproco». L’obiettivo, come ha detto venerdì sera a Propaganda Live, è quello di «imprimere una svolta» al Pd, non certo di «vivacchiare» tra le correnti in guerra.

QUANTO ALLE ALLEANZE, ribadirà la linea di centrosinistra portata avanti da Zingaretti, compreso l’accordo con il M5S, ma anche in chiave competitiva, mettendo al centro la «visione» del Pd. Un «centrosinistra largo», dai liberali di Calenda fino alle sinistre di Bersani e Fratoianni.

UNA COALIZIONE CHE POTREBBE testare proprio lui, nel collegio della Camera di Siena lasciato libero da Pier Carlo Padoan, dove in autunno si tornerà a votare. «Sarebbe un onore, sono pronta a mettermi subito al lavoro», dice la segretaria del Pd toscano Simona Bonafè (ex renziana), che si era invece opposta all’ipotesi di candidare Giuseppe Conte. Letta però frena: «Non è la priorità».

Ieri mattina il segretario in pectore ha fatto visita al suo circolo Pd di Testaccio, poco lontano da casa. Nei giorni scorsi alcuni militanti del circolo gli avevano chiesto se potevano appendere sotto casa sua uno striscione con scritto «Dicce de sì». Lui aveva chiesto di soprassedere e giurato che sarebbe passato al circolo non appena sciolta la riserva. Così è stato. I militanti l’hanno accolto con uno striscione «Daje Enrì, ripiamose sti cocci», riferimento ai «cocci da rimettere insieme» di cui aveva parlato lui. Poi ha sondato gli umori: «Che devo dire domani?». «Aprire porte e finestre», la risposta più gettonata.

L’ASSEMBLEA DI STAMATTINA sarà aperta dalla presidente reggente Valentina Cuppi, che introdurrà i lavori. Poi la raccolta delle firme per l’unica candidatura e, alle 11.45, il discorso di Letta. Intorno alle 13.30 ci saranno i risultati, scontati, dello scrutinio. A ieri sera i delegati della ex maggioranza di Zingaretti (più quelli vicini a Graziano Delrio e Anna Ascani) avevano già raccolto oltre 600 firme per lui.

Ma potrebbero essere molte di più: ne arriveranno anche dagli ex renziani di Base riformista. Mentre i giovani turchi di Matteo Orfini si dicono pronti a votarlo. «Lo faremo con convinzione», spiega il senatore Francesco Verducci. «Ha le qualità per ridare al Pd la forza necessaria a superare uno dei momenti più difficili. Gli chiediamo di rilanciare l’ambizione di un grande Pd, che non sia subalterno ad altre forze politiche».

Se Letta aveva chiesto «verità» e non «unanimità», al suo battesimo rischia invece di avere un voto praticamente unanime. Che, nel Pd, non è sinonimo di pace.