Percorrerà l’intero territorio nazionale, dal nord al sud alle isole, la grande mobilitazione che oggi è stata organizzata per dire no al disegno di legge firmato da Simone Pillon, senatore leghista che avrebbe in mente di porre le proprie mani insipienti sulla libertà delle donne e sui diritti acquisiti in tema di separazione e affido condiviso – in particolare. Saranno più di cento le piazze che in queste ore si agiteranno, grazie a Non Una di Meno e ai centri antiviolenza della rete Di.Re. che in questi mesi (e anni) hanno svolto un lavoro articolato nei singoli contesti. La tessitura che ora si viene a configurare è sintomo di una dislocazione tanto preziosa quanto necessaria, soprattutto in questo particolare momento storico in cui l’idea di Simone Pillon e dei suoi sostenitori (che mentre inneggiano alla «vita» per il «bene» hanno l’aria resistibile di becchini agghindati per portarci al camposanto), sarebbe quella di costringerci a una narrazione farlocca e ipocrita della realtà. Molte sono le ragioni che in questi mesi hanno causato l’imbarazzo anche da chi in teoria dovrebbe essere alleato con Pillon, (uno per tutti, il sottosegretario del m5s Spadafora).

Nel disagio generale causato dalla serie di pericolose e indifendibili derive che l’approvazione di un ddl del genere prevedrebbe, il testo è stato studiato e smontato da chi ne comprende, oltre alla inaccettabilità politica, anche quella più strettamente legale. Concetta Gentili, avvocata civilista (referente del Gruppo Tecnico avvocate di D.i.Re), è netta riguardo l’individuazione di un «arretramento per le libertà e i diritti civili di tutti e tutte e in particolare per le donne, i bambini e le bambine». Questo ddl che viene rimandato al mittente, «propone una famiglia unica – segnala Gentili – ideale e astratta, di fatto inesistente, se non nella mente del senatore Pillon». Sarebbe tuttavia un errore considerare la proposta come una sortita bislacca che appartiene a un personaggio innocuo e nostalgico, il senatore è in ottima compagnia di chi vorrebbe un imponente smantellamento di libertà – a partire dai tentativi di smontare la legge 194.

Di questa erosione fa parte anche questo ddl che «elimina gli spazi di autonomia e specificità individuale delle coppie che si separano, impone percorsi lunghi, complessi e costosi, con il mediatore familiare e il coordinatore genitoriale chiamati a tutelare “l’unità familiare”. Questa legge risponde solo a una stereotipata idea di famiglia, di stampo “presepiale”, che non corrisponde alla realtà sociale del paese e che rischia seriamente di riportare indietro l’Italia di almeno 50 anni». Seppure le conclusioni dell’avvocata Gentili siano condivisibili e del tutto legittime, ciò che viene posto al centro di questo ddl non è negoziabile per cui Simone Pillon potrà ben mettersi l’anima in pace, non passerà niente di ciò che ha immaginato per il futuro delle donne che decidono per se stesse e nell’interesse dei propri figli e figlie.