Benyamin Netanyahu incontrerà oggi a Gerusalemme il segretario di Stato Usa Antony Blinken in visita nella regione dopo l’escalation tra Israele e Hamas. Blinken vedrà anche il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah e nei prossimi giorni re Hussein di Giordania e il presidente egiziano El Sisi. «Blinken incontrerà i leader israeliani sul nostro saldo impegno per la sicurezza di Israele e continuerà gli sforzi della nostra amministrazione per ricostruire e sostenere i legami con il popolo e i leader palestinesi». Con queste parole Joe Biden aveva annunciato la missione assegnata al capo della diplomazia Usa, precisando Blinken «coinvolgerà altri partner chiave della regione sugli sforzi internazionali coordinati per garantire che l’assistenza immediata raggiunga Gaza e ne benefici il popolo e non Hamas e sulla riduzione del rischio di un ulteriore conflitto nei prossimi mesi».

Non è ancora chiaro se l’Amministrazione Usa si sia convinta a rivedere le sue priorità, dopo aver segnalato per tutta la prima parte dell’anno di voler concentrare la sua azione in Medio oriente quasi esclusivamente sulla ripresa del dialogo con Tehran e il rilancio dell’accordo Jcpoa, il programma nucleare iraniano. Alcuni si domandano se la Casa Bianca intenda elaborare un suo «piano di pace» in sostituzione dell’Accordo del secolo, l’iniziativa annunciata nel gennaio 2020 da Donald Trump e seccamente respinta dai palestinesi perché favorevole a gran parte delle posizioni israeliane. Il fatto che Biden abbia dichiarato che la risposta all’ultima crisi tra Israele e palestinesi sia a suo avviso la soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) non significa che abbia intenzione di rovesciare totalmente la politica del suo predecessore. Piuttosto recupera l’approccio alla questione di Barack Obama, nonostante si sia rivelato inconcludente e ben poca cosa oltre alle dichiarazioni. Blinken nei colloqui con Netanyahu avrà come compito quello di rassicurare il premier israeliano che i fondamentali della politica Usa verso lo Stato ebraico non sono cambiati. Poi verranno le altre questioni. La sua visita a Ramallah comunque indica la volontà di ridare sostegno al presidente dell’Anp Abu Mazen che sta vivendo una fase complessa, segnata dal crollo del suo prestigio personale tra i palestinesi.

Non se la passa tanto meglio Netanyahu. Dopo aver fatto proclami di grandi risultati a Gaza contro Hamas, il premier israeliano fa ora i conti con lo scetticismo della sua opinione pubblica nei confronti degli esiti dell’ultima offensiva militare. Ancora alle prese con la mancanza di una maggioranza per formare il nuovo governo, Netanyahu ha annunciato ieri la nomina di David Barnea come nuovo capo del servizio di spionaggio Mossad. Il suo primo compito «sarà impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari», ha sottolineato il primo ministro. Secondo i media israeliani, Barnea è propenso ad azioni rischiose ed è stato coinvolto nella normalizzazione dei rapporti fra Israele, Emirati, Bahrein e Marocco.