Doveva essere la vigilia del giorno più atteso dai palestinesi in questi ultimi anni, il 1 novembre del trasferimento del governo di Gaza dal comitato amministrativo di Hamas all’esecutivo dell’Anp guidato dal premier Rami Hamdallah. Invece il passo più concreto verso la riconciliazione nazionale palestinese è coinciso con un improvviso aumento della tensione in seguito all’uccisione, lunedì, di nove membri del Jihad islami e di Hamas in seguito alla distruzione da parte di Israele di un tunnel che da Gaza entrava in territorio israeliano. Migliaia di persone ieri hanno partecipato ai funerali di sette delle vittime scandendo slogan contro Israele mentre le organizzazioni palestinesi promettevano vendetta. Il Jihad, che nel tunnel ha perduto un suo importante comandante militare, ha definito il bombardamento israeliano «una pericolosa escalation» e proclamato «il diritto della resistenza palestinese a rispondere agli attacchi israeliani nel momento opportuno». Mohamed al Hindi, un leader dell’organizzazione islamista, ha dichiarato che la tregua tra Israele e i gruppi militari a Gaza non è più valida. Immediata la replica di Benyamin Netanyahu. I palestinesi «non ci mettano alla prova» – ha ammonito – «daremo una dura risposta in caso di attacco. Abbiamo definito una politica chiara…Noi attaccheremo chi ci attacca». Netanyahu ha lodato i realizzatori del sistema – elaborato dalla Elbit Systems – che ha consentito all’esercito israeliano di localizzare e poi far saltare in aria il tunnel in cui hanno trovato la morte i nove palestinesi.

A far salire la tensione, aggravata dai sorvoli lunedì notte e ieri di cacciabombardieri e droni israeliani su Gaza, contribuiscono le ricerche dei responsabili dell’attentato, la scorsa settimana, alla vita di Tawfiq Abu Naim, il comandante dei servizi di sicurezza di Hamas, con un ordigno nascosto nella sua auto che lo ha ferito in modo leggero. A Gaza si punta l’indice non tanto contro Israele quanto verso i gruppi salafiti filo-Isis rivali di Hamas. E sdegno tra i palestinesi ha suscitato anche l’uccisione non lontano da Nabi Saleh, in Cisgiordania, di un giovane, Mohammed Musa, da parte di soldati israeliani. I militari hanno detto di aver sparato poiché l’auto procedeva «in modo sospetto» verso una pattuglia militare. A bordo dell’automobile c’era anche la sorella del giovane ucciso, Latifa, 33 anni, rimasta ferita gravemente. Secondo la ricostruzione palestinese a sparare sarebbe stato un colono israeliano e non i militari.

In questo clima ieri Hamas, che ha mantenuto per dieci anni il controllo pieno della Striscia di Gaza, ha consegnato all’Anp la gestione finanziaria dei valichi, primo passo verso il trasferimento, previsto oggi, di tutti i poteri sui punti di attraversamento. Dal 2007 il movimento islamico ha raccolto le tasse doganali ai valichi sulle merci importate a Gaza. Non ci sono dati precisi ma la Camera di Commercio di Gaza stima in 100 milioni di dollari quanto raccolto ogni mese da Hamas con imposte su benzina e gasolio, sigarette, cibo, medicine e molti altri prodotti. Da parte sua Ismail Haniyeh, capo del movimento islamico, ha esortato ad accelerare il processo di riconciliazione nazionale e invitato l’Anp a fermare la cooperazione di sicurezza con Israele. «Le priorità sono chiare, specialmente per quanto riguarda la resistenza e la sua arma. La nostra arma è il nostro onore» ha sottolineato Haniyeh, avvertendo le conseguenze di tentare di disarmare Hamas. «È una linea rossa invalicabile» ha avvertito. Il nodo non sciolto delle armi e del ruolo della milizia del movimento islamico continua a mettere in dubbio il successo della riconciliazione tra Hamas e il partito laico Fatah. La questione era stata accantonata ma negli ultimi giorni il presidente dell’Anp e leader di Fatah Abu Mazen ha ribadito che non accetterà la presenza di due forze militari nei territori palestinesi. E incontrando qualche giorno fa a Ramallah Moshe Kahlon, ministro delle finanze israeliano, Abu Mazen ha affermato che non permetterà l’ingresso nel nuovo governo palestinese a ministri che non riconoscono l’esistenza di Israele. Hamas da parte sua ha invocato la fine della cooperazione di sicurezza tra Anp e Israele.