Una nuova risoluzione che permetta di allargare i compiti della missione europea Sophia in acque territoriali libiche, E’ quanto ha chiesto ieri il capo della diplomazia Ue Federica Mogherini al consiglio di sicurezza dell’Onu. Si tratta di un passaggio che segna un ulteriore salto di qualità nei compiti della missione e che prevede sia l’addestramento della guardia costiera libica, per la quale sono già pronte otto motovedette italiane, che un controllo sul rispetto dell’embargo di armi destinate alle milizie. «La scorsa primavera il Consiglio è stato unanime nel dare il via all’operazione navale che ha consentito di salvare decine di migliaia di vite umane, sequestrare centinaia di asset e portare i trafficanti davanti alla giustizia», ha spiegato ieri Mogherini intervenendo a New York.
Un altro passo della strategia europea per arginare il flusso di migranti sci sarà oggi a Strasburgo, dove Mogherini presenterà insieme al vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans il migration compact per l’Africa: 62 miliardi di euro di investimenti privati nel medio e lungo termine, per «pacchetti su misura» soprattutto per i Paesi africani, con l’obiettivo di combattere le cause alla radice dei flussi migratori e negoziare accordi per i rimpatri. Sette i paesi con cui verranno avviati i primi progetti: Etiopia, Eritrea, Niger, Nigeria, Mali, Libano e Giordania. Il lavoro è già stato avviato con tutte le capitali, in particolare con Niamey ed Addis Abeba. Nell’immediato si punta ad utilizzare 1,8 miliardi del Fondo per l’Africa, ai quali la Commissione europea aggiungerà 500 milioni dal budget Ue, con la prospettiva che gli Stati membri ne diano almeno altrettanti, ma possibilmente raddoppino l’intera cifra. Nel contenitore confluiranno anche fondi per i profughi e la cooperazione già esistenti.
La proposta legislativa vera e propria sul piano globale di investimenti arriverà comunque ad ottobre. Il controllo dei flussi migratori sarà il punto centrale attorno al quale ruoteranno le intese con i Paesi terzi, e potrà essere anche una delle ragioni per negare benefici commerciali o privilegi sui visti.
Ieri intanto l’Unione europea ha rispedito al mittente la proposta avanzata domenica dal ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz di concentrare e trattenere i migranti su alcune isole dalle quali non potrebbero muoversi. «Come fecero gli Stati uniti a Ellis Island o come fa oggi l’Australia», ha spiegato in un’intervista l’esponente del partito popolare. Esempi, specie quest’ultimo, che non sono piaciuti a Bruxelles. «Abbiamo una chiara posizione sul modello australiano: non è un esempio da seguire per l’Ue», ha spiegato un portavoce della Commissione europea.
In contrasto a quanto previsto dal diritto internazionale, il governo di Canberra confina i profughi in campi allestiti su due isole del Pacifico dai quali per loro è impossibile allontanarsi e dove, stando a molte denunce, sono vittime di violenze di ogni genere. «La politica (europea, ndr) sull’asilo e i profughi è pienamente in linea con le leggi e convenzioni internazionali e con il principio di non respingimento e questo non cambierà», ha concluso il portavoce.
Vienna comunque non sembra avere nessuna intenzione di abbandonare politiche e iniziative contro i migranti. Dopo aver completato i lavori preparatori all’innalzamento di una barriera al Brennero, dove ha schierato anche 80 poliziotti, ieri ha annunciato di voler avviare la costruzione di barriere analoghe anche ad altri valichi con l’Italia e la Slovenia. Si tratterebbe, proprio come ha fatto al Brennero, di recinzioni preventive, da innalzare solo in caso di nuovi arrivi di migranti, ha spiegato il portavoce della polizia, Rainer Dionisio.
I valichi in questione sono quello di Thoerl-Maglern, al confine austro-italiano dove potrebbe essere aggiunta una recinzione. E quello nei pressi del traforo Caravanche, che collega la Slovenia con l’Austria.