di GUIDO MARIANI

 

Nell’era digitale ha sempre meno senso parlare di «dischi». Gli artisti musicali ormai pubblicano le loro registrazioni in modo sempre più immateriale, la canzoni sono file che hanno la consistenza di dati informatici. Enciclopediche collezioni musicali possono essere ospitate su dispositivi che occupano meno spazio di un pacchetto di sigarette. I nuovi servizi di streaming ormai tolgono anche il peso di dover «conservare» la musica che diventa perennemente disponibile in rete. C’è chi rimpiange però la poesia, il fascino e il fruscio romantico dei vecchi dischi in vinile. C’è chi ricorda con malinconia il tempo in cui le playlist non erano un banale gioco «di copia e incolla», ma un certosino lavoro di registrazione su cassette che richiedeva pazienza e scelta attenta di tempi e di livelli di volumi. E, come accadeva per il protagonista di Alta fedeltà di Nick Hornby, regalare una compilation era un atto d’amore. L’evoluzione dei supporti è una parte importante della storia della musica, così come il modo di fruire l’ascolto influisce sul modo in cui l’autore produce e pensa la sua opera. Nella lunga avventura del pop sono molti i musicisti che hanno sperimentato, andando oltre la magica immaterialità delle note musicali e cercando di estendere il concetto di arte al di là dell’esecuzione sonora. Sono nati, a volte anche solo per necessità, nuovi formati, nuove forme di diffusione per le canzoni o, in alcuni casi, geniali provocazioni artistiche. A conferma che la musica popolare è un’arte totale.

 

Il primo doppio

I dischi in vinile hanno rappresentato il principale mezzo per la diffusione e commercializzazione della musica per diversi decenni. Tra i vari formati succedutisi il re assoluto è stato il vecchio e non dimenticato ellepì, il long playing, che girava a 33 giri al minuto e che consentiva a più canzoni di stare sulle due facciate del disco. La data di nascita ufficiale del formato fu il 18 giugno 1948, quando la Columbia Records presentò il nuovo «oggetto» destinato a conquistare il mercato e a cambiare il modo in cui la musica popolare veniva prodotta e concepita. Svelando la nuova invenzione l’etichetta decise di stampare una serie di dischi presenti in catalogo. Per quanto innovativo fosse, il long playing conteneva in origine al massimo 45 minuti di musica, estesi poi a 52 minuti, 26 per facciata. Il primo artista che capì che meno di un’ora era poco per il proprio lavoro e non era a misura della propria creatività fu il francese Léo Ferré che nel 1964 decise di dare alle stampe il primo doppio ellepì della storia, la raccolta Verlaine et Rimbaud chantés par Léo Ferré edita dall’etichetta francese Barclay Records. Fu una rivoluzione. Due anni dopo, nel giugno 1966, venne pubblicato il primo disco rock doppio, Blonde on Blonde di Bob Dylan. Il menestrello bruciò sul tempo per una sola settimana Frank Zappa e il suo Freak Out!. I Beatles ci provarono poi con il White Album. Negli anni Settanta i doppi album erano diventati quasi la regola. Era giunto il momento di esagerare e arrivarono i tripli, come All Things Must Pass di George Harrison o Songs in the Key of Life di Stevie Wonder.

 

Il Picture Disc

Con gli anni Sessanta, gli album a 33 giri divennero non solo semplici raccolte di canzoni, ma opere a se stante in cui la grafica di copertina svolgeva un ruolo determinante nella promozione del prodotto, riuscendo a diventare inoltre parte integrante del progetto artistico, unendo aspetto visuale e musica. Negli anni Settanta arrivò anche il vinile colorato. Oltre la copertina anche il supporto sonoro diventava oggetto di decorazione. Iniziò la stagione dei picture disc, dischi decorati con illustrazioni, volti e disegni che divennero oggetti di culto per fan incalliti e, più tardi, pezzi da collezione. Erano forse più adatti a essere esposti sulle pareti che a girare su un piatto, ma spesso utilizzavano effetti ottici che potevano essere apprezzati solo durante la rotazione del disco. Il primo moderno picture disc dell’era rock risale al 1970 ed è firmato dalla band inglese di progressive Curved Air che pubblicò il proprio album di esordio, Air Conditioning, stampando un disegno e il titolo delle canzoni sui solchi del vinile. Si trattava ancora di una novità e la qualità sonora rimaneva notevolmente penalizzata. L’album, stampato inizialmente in 10mila copie, fu comunque un successo e arrivò nella top ten britannica. Nel corso degli anni Settanta il picture disc prese piede e divenne un’edizione alternativa quasi obbligatoria per molti album di successo. In realtà l’idea del picture disc era molto più antica. I primi dischi decorati risalgono alla fine degli anni Venti. Erano composti da uno strato di cartone illustrato su cui veniva sovrapposta una sottile pellicola in vinile che lasciava trasparire il disegno. La qualità audio era bassissima, ma l’effetto era, per l’epoca, assolutamente sorprendente. Uno dei dischi più famosi di quel periodo fu una incisione di Adolf Hitler che negli anni Trenta pubblicò un picture disc di propaganda da 7 pollici su cui compare, su un lato, la svastica, sull’altro l’immagine del fürher stesso. I solchi contenevano alcuni discorsi suoi e di un esponente del partito nazista, Hans Hinkel.

 

4 per 1

Se c’è una band che ha sempre amato stupire con le proprie trovate musicali e sceniche, questi sono i Flaming Lips, da Oklahoma City. Nel 1997 Wayne Coyne e soci decisero di sfidare i loro fan pubblicando un cd quadruplo intitolato Zaireeka. Ogni disco conteneva otto canzoni della stessa durata. I quattro dischi erano in realtà un solo album e la sfida consisteva nel fatto che ogni brano era sostanzialmente il pezzo di un puzzle e l’ascolto si perfezionava solo se i quattro dischi suonavano contemporaneamente in perfetta sincronia. Ogni cd aveva una sua pista di registrazione e il mixaggio dipendeva dall’ascoltatore che doveva organizzarsi con quattro lettori da azionare nello stesso momento. I fan più duri e puri non si scomposero e per ascoltare bene il disco organizzarono dei «listening parties» in cui le persone portavano gli impianti stereo necessari per ascoltare degnamente l’opera. Purtroppo il web ha ucciso la poesia e oggi si possono ascoltare in rete dei mixaggi già pronti dei brani del disco. Forse per questo i Flaming Lips si sono «vendicati» rilanciando la loro provocazione e pubblicando lo scorso aprile Zaireeka anche in vinile.

 

Bootleg istantaneo

La carriera dei bostoniani Pixies fu tanto breve quanto intensa. Sconvolsero la scena alternativa rock Usa all’inizio degli anni Novanta e si ritirarono dopo quattro album e cinque anni di vita. Decisero di ritornare insieme, ma solo come live band, nel 2004. Non pubblicando nuova musica e capendo che i fan avrebbero apprezzato un documento della loro reunion decisero di offrire alla fine dei loro concerti la registrazione dell’esibizione. Un bootleg istantaneo, inciso in diretta e subito disponibile. Un modo anche per stroncare la diffusione sul web di live non autorizzati e di dubbia qualità. L’idea è stata poi ripresa anche in Italia da Elio e le Storie Tese che hanno ribattezzato l’operazione Cd brulè. Al prezzo di 12 euro, subito dopo i loro spettacoli gli spettatori potevano acquistare un cd masterizzato di fresco dal titolo Ho fatto due etti e mezzo, lascio?. I dischi, realizzati in tiratura limitata da 400 copie a show, avevano ognuno una copertina personalizzata con uno sticker con numero di serie, luogo e data del concerto.

 

Disegni originali

L’americano Buckethead rappresenta uno dei personaggi più originali nel mondo dei chitarristi rock. Sin dal suo debutto nel gruppo dei Deli Creeps (di cui non si conobbe mai la vera identità dei membri), ha sempre coperto il suo volto con una maschera senza espressione e si è sempre presentato sulle scene con in testa un secchiello – da lì il nome d’arte – della Kentucky Fried Chicken, nota catena di fast food americana che vende pollo fritto. Per un certo periodo ha anche militato nei Guns N’ Roses occupando il ruolo che fu di Slash. Buckethead non parla mai e quando rilascia interviste al suo posto risponde una orribile marionetta chiamata Herbie. La sua discografia torrenziale conta circa 36 album solisti e decine di collaborazioni con altri artisti. Nel 2007 ha pubblicato un box set intitolato In search of the composto da 13 cd contenenti materiale inedito. La follia non sta solo nell’imponenza della raccolta, ma nel fatto che Buckethead ha personalmente masterizzato ogni singola copia dei cd per la prima tiratura, un’edizione limitata di 999 copie. Calcolatrice alla mano il musicista ha quindi masterizzato di persona 12.987 dischi. Non contento, ha accompagnato ogni singolo disco di questa serie con una copertina autografa personalizzata, realizzando 12.987 disegni originali. «Un lavoro concettuale – ha spiegato il produttore Travis Dickerson, collaboratore di Buckethead – un pezzo d’arte. Potrebbe contenere qualsiasi cosa». Per capire cosa pensa l’artista bisognerà aspettare che la marionetta Herbie rilasci una dichiarazione.

 

100mila dollari in frigo

Dalla loro nascita avvenuta nei primi anni Settanta e per tutta la loro misteriosa carriera, i californiani Residents sono sempre stati un progetto in cui l’aspetto artistico, concettuale, visuale è stato anche più importante di quello puramente musicale. La band, composta da musicisti senza volto che compaiono nelle fattezze di strane creature con bulbi oculari al posto della testa, ha pubblicato più di 60 album che spaziano dall’avanguardia, al vaudeville, al rumorismo, all’ambient e chi più ne ha più ne metta. La loro opera materialmente più ambiziosa è stata la raccolta completa del loro lavoro pubblicata nel dicembre del 2012, una collezione chiamata The Ultimate Box Set che raccoglie tutta la loro produzione in tutti i possibili formati, più le stampe originali in vinile dei loro primissimi lavori, tutti i loro singoli e dvd e qualche gadget come la loro tradizionale maschera a forma di occhio umano. Il tutto è rinchiuso in un mastodontico frigo a doppia anta che funge da custodia per l’opera omnia. L’edizione era limitatissima, circa dieci esemplari. Il prezzo? A cinque zeri: 100mila dollari. Un oggetto per collezionisti d’arte e milionari con una passione morbosa per l’avanguardia rock. Parrebbe una follia, ma le teste a forma di occhio non potevano non vederci giusto. È circolata notizia che siano state vendute ben nove copie di questo box set definitivo. Chissà, potrebbe essere pure un investimento. I pionieristici video dei Residents sono oggi ospitati nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. Un domani quelle gallerie potrebbero trovare spazio anche per un frigo.

 

L’album fai da te

Beck Hansen ha incarnato soprattutto a inizio carriera quell’attitudine definita come «slacker», un atteggiamento un po’ svogliato e nullafacente, amato dalla scena indie rock anni Novanta. Sarà in onore di questa pigrizia esistenziale o per fare un’operazione decisamente retrò che ha pubblicato nel dicembre del 2012 un album di canzoni nuove facendo un passo indietro persino rispetto al formato vintage, e tornando a qualcosa di ancora più antico: la partitura. Song Reader è un lavoro musicale non inciso, una raccolta di 20 canzoni inedite concepito come un nuovo album, ma la cui esecuzione è lasciata all’appassionato. Il lavoro, che Beck presenterà dal vivo per la prima volta quest’estate, ha comunque preso vita sul web. In tanti hanno infatti raccolto l’implicito invito del rocker californiano e, sostituendosi all’artista, hanno creato le loro versioni dei brani in base alle partiture della raccolta. Molte di queste versioni possono essere ascoltate sul sito ufficiale songreader.net.

 

Il caro estinto

Ynys Enlli è un matematico originario del Galles di cui si sa poco o niente, solo che è in pensione e compone ogni tanto musica elettronica sperimentale per l’etichetta giapponese, altrettanto sperimentale, Icasea. Secondo il sito ufficiale della label, Ynys Enlli (pseudonimo gallese che significa «l’isola delle correnti») «produce mondi sonori unici che uniscono lo spazio tra le composizioni accademiche elettro-acustiche e forme più tradizionali di ambient elettronico». Ma la vera sfida per l’ascoltatore non è solo decifrare che cosa si intenda con queste classificazioni musicali, è riuscire materialmente ad ascoltare la sua musica. L’artista ha infatti pubblicato un album, intitolato Ygam, in un formato per cui non esistono più apparecchi in grado di leggerlo. La musica è incisa su cilindri di cera e può essere riprodotta esclusivamente con un fonografo a cilindri, il nonno del vecchio grammofono, un marchingegno brevettato da Edison a fine Ottocento e rimasto in voga fino all’arrivo dei dischi e poi definitivamente scomparso. Ma evidentemente ogni formato ha i suoi seguaci. L’opera, inascoltabile in tutti i sensi, di Ynys Enlli creata in tiratura limitata è andata esaurita. Per la stampa in cd probabilmente dovremo attendere il prossimo secolo.

 

Suoni di ghiaccio

Quando si parla di sonorità glaciali… La formazione indie rock di Stoccolma Shout Out Louds, attiva dal 2003, nel dicembre del 2012 ha pubblicato un nuovo singolo intitolato Blue Ice (ghiaccio blu) proponendo ai potenziali ascoltatori una sfida molto particolare. Un’edizione limitatissima del disco è fatta di ghiaccio. Il gruppo ha creato una confezione con un kit composto da uno stampo in silicone e una bottiglia di acqua distillata. Riempiendo la forma e mettendola in freezer si otterrà, a congelamento avvenuto, una copia unica e non ripetibile di un singolo a 7 pollici fatto di ghiaccio. Prima che si sciolga, il disco va posto sul piatto e suonerà un’unica volta prima di liquefarsi. Prevedibili le controindicazioni: la qualità sonora è tremenda, la puntina del giradischi probabilmente ne uscirà irrimediabilmente rovinata e una volta sciolto il disco potrebbe causare qualche cortocircuito.

 

Cacao a 33 giri

Il dj francese Thibaut Berland, più noto con il nome d’arte di Breakbot, ha deciso di unire due passioni in una, pubblicando nel 2012 il suo album d’esordio By Your Side in una versione a 33 giri fatta di cioccolato e completamente commestibile. È un disco a una sola facciata confezionato con cioccolato al 74% di cacao e prodotto dalla casa discografica Ed Banger in un’edizione limitata di 120 copie vendute nel negozio Colette di Parigi. Secondo le istruzioni è ascoltabile dalle 3 alle 5 volte prima che i solchi si consumino definitivamente e che la puntina diventi inservibile. Musica per palati fini. Esaurito l’ascolto e mangiato il disco, chi volesse ascoltare nuovamente la musica dovrà malinconicamente scaricare le canzoni da iTunes.

 

Romantico vinile

Da quando ha archiviato l’esperienza dei White Stripes, Jack White si è lanciato in diversi progetti musicali e in una battaglia personale per preservare il fascino dei vecchi dischi in vinile, delle edizioni discografiche di pregio e il retaggio culturale dei negozi di dischi storici. Ha fondato la Third Man Records che pubblica in gran parte album e singoli in vinile. Quest’anno è stato nominato ambasciatore per il Record Store Day. Per l’occasione a Nashville, sede della sua etichetta discografica, ha rispolverato un marchingegno unico al mondo e datato 1947. Una cabina di incisione per vinili, fatta come una cabina per fototessere in cui chiunque può entrare e incidere in diretta un brano musicale ottenendo poi istantaneamente un 45 giri in vinile. «Volendo – ha suggerito White – potete entrare con il vostro iPhone con la musica pre-registrata e cantare la vostra parte vocale. Si combina così il meglio dei diversi mondi il tangibile, il digitale e il romantico». L’anno scorso il Record Store Day è stato festeggiato da White con la pubblicazione del singolo Sixteen Saltines in un formato in vinile trasparente che conteneva un liquido blu. Nella stessa occasione decise di diffondere un nuovo singolo, Freedom at 21, appendendo alcuni dischi a dei palloncini riempiti di elio e lasciati liberi di girovagare per i cieli di Nashville. I dischi erano fatti di vinile flessibile per poter meglio resistere alla inevitabile caduta e per poter conservarsi meglio. Sono stati liberati tra le nuvole del Tennessee mille copie della canzone, il 90 percento si è persa nel nulla, le restanti cento copie sono finite nella collezione di qualche fortunato fan che oggi possiede un pezzo unico, quotatissimo sul mercato dei collezionisti.