La popolazione gazawi resta in attesa. L’operazione israeliana via terra si fa sempre più concreta, urlata dai leader politici e dai vertici dell’esercito. Il consenso nelle stanze dei bottoni di Tel Aviv sarebbe stato raggiunto, non nei giorni scorsi, ma da tempo. Non mancano voci fuori dal coro: ieri il sito di informazione israeliano Ynet News riportava l’opinione del generale Amir Eshel, comandante dell’aviazione. Non c’è bisogno di un’offensiva terrestre, Hamas può essere cancellato anche dai droni. Di questo Eshel sta tentando di convincere il capo dell’esercito Gantz e il ministro della Difesa Ya’alon.

L’obiettivo israeliano è stato individuato: spazzare via l’infrastruttura militare e politica del movimento islamista, la capacità di lanciare missili sempre più lontano, verso ogni città israeliana, l’utilizzo dei tunnel sotterranei di contrabbando di armi e miliziani. Quale la migliore strategia? Ad oggi, i bombardamenti a tappeto senza tregua, contro abitazioni, moschee, ospedali.

Il passo successivo sarebbe l’ingresso delle truppe, come avvenne nel 2008-2009 durante la devastante operazione Piombo Fuso. I riservisti sono stati richiamati – oltre 40mila gli israeliani pronti a indossare di nuovo l’uniforme -, le ultime unità sono giunte sul posto, pronte a ricevere l’ordine di ingresso. La Striscia è già circondata, i tank attendono lungo il confine. Ieri, secondo i media arabi, un’unità speciale israeliana avrebbe già tentato di entrare a nord, vicino Jabaliya. Ad attenderli miliziani palestinesi che avrebbero aperto il fuoco uccidendo due soldati. Hamas e Jihad Islamica si contendono il merito dell’azione: sia le Brigate Al Qassam che le Al Quds hanno rivendicato l’uccisione, ancora non confermata.

Ma l’offensiva potrebbe essere organizzata diversamente da quella di cinque anni fa: i riservisti sono nascosti, raccolti in centri militari controllati dalla polizia militare. All’epoca l’arrivo massiccio di riservisti fu preparato male, con un dispiegamento cospicuo di truppe senza protezione e visibili ai miliziani palestinesi. Lo stesso accadde nel 2012, durante Colonna di Difesa: i lanciarazzi gazawi puntarono sui soldati al di là del confine, visibili e facili prede.

Il capo dell’esercito Gantz ha già sul tavolo il programma. Sarebbe pronto dal almeno 10 giorni, a dimostrazione che l’operazione contro Gaza era già pianificata. Secondo media israeliani, l’attacco sarebbe stato approvato mesi fa e ogni unità militare sarebbe stata istruita a dovere. L’obiettivo dei vertici, dell’esercito e dei servizi segreti è palese: una vittoria pulita, la cancellazione del potere militare di Hamas, senza troppe perdite tra i ranghi. Per questo, il timore maggiore sono i lanciarazzi e le basi dei miliziani lungo la costa e il confine. Nei giorni scorsi i bombardamenti hanno danneggiato il sistema militare di Hamas e degli altri gruppi armati, ma il continuo lancio di missili dimostra che lo smantellamento totale è lontano dall’essere raggiunto. E una “pulizia” solo parziale permetterebbe alla resistenza palestinese di riorganizzarsi a breve termine.

Quale la migliore soluzione sul tavolo dei generali israeliani? Un’incursione limitata, che non esponga i soldati al fuoco di ritorno dei miliziani e che allo stesso tempo permetta di allargare ulteriormente il confine tra territorio israeliano e Gaza. La cosiddetta buffer zone, zona cuscinetto unilateralmente dichiarata da Tel Aviv e oggi quasi inutilizzabile dalla popolazione (nonostante sia spesso fitta di campi e appezzamenti agricoli), corre lungo tutta Gaza mangiando tra i 150 metri e il km di territorio palestinese.

Un’invasione via terra potrebbe così fermarsi all’interno della zona cuscinetto, allargarla ulteriormente per incrementare la porzione di territorio sotto il controllo israeliano e strapparlo a quello delle milizie palestinesi. Infine, prendere il controllo delle aree periferiche e spezzare così la contiguità della struttura armata di Hamas, che opera soprattutto nelle zone di confine.

A spaventare Gaza resta l’idea che una simile operazione pianificata da tempo ma non ancora realizzata, possa richiedere qualche giorno in più per essere implementata. Ovvero, l’incubo non è vicino alla fine.