Come spesso capita è una concatenazione di circostanze in parte fortuite che fa emergere in piena luce le sofferenze e le divisioni di Forza Italia. La mossa a sorpresa di Stefania Prestigiacomo è il risultato di spinte diverse. C’è sicuramente la necessità di uscire dal cono d’ombra in cui l’ex ministra è finita, ma anche la pressione della sua città, Siracusa, dove tutti chiedono di mettere fine al calvario dei profughi della Sea Watch. Non è questione di schieramenti politici. Gli stessi che fermano l’azzurra per strada e insistono per far sbarcare quei 47 esseri umani all’addiaccio sul mare possono poi tranquillamente votare per la destra e per lo stesso Salvini. E’ che per chi vive sul mare soccorrere i naufraghi è parte ancestrale del dna.

E’ possibile che un po’ abbia pesato anche l’orgoglio marinaio di Prestigiacomo, senza la cui perizia il radicale Magi e il leader di Si Fratoianni non avrebbero portato a termine la missione. Ma di sicuro c’è entrata, e parecchio, la volontà di reagire a una Lega che ogni giorno di più sottrae consensi al partito azzurro. Ma in fondo è proprio questa la bomba a tempo che minaccia di far deflagrare il partito di Arcore: il rapporto con la Lega, alleata sulla carta, nemica nei fatti.

La prima a scendere in campo, dopo Prestigiacomo, è stata domenica Mara Carfagna e se ci fossero stati dubbi sul bersaglio è stata lei stessa a chiarirli ieri con un post al vetriolo: «Prendersela con il più piccolo del cortile è da codardi. Lo fa uno Stato debole che ha bisogno di mostrare i muscoli. Uno Stato forte ripulisce le vie ostaggio dell’immigrazione illegale e della microcriminalità». E’ un attacco frontale a Salvini , accusato di speculare sulla pelle dei più deboli per raggranellare consensi facili, ed è una linea condivisa da Berlusconi. Dopo una fedelissima come Carfagna ieri si è fatta sentire un’altra esponente dello stato maggiore berlusconiano, la capogruppo alla Camera Gelmini: «Il problema non sono i 47 migranti della Sea Watch ma le centinaia di migliaia di clandestini in giro per le nostre città».

Che questa linea sia condivisa, se non addirittura ispirata, da Berlusconi è certo. Non significa però che al capo azzurro sia piaciuta la sorpresa di Stefania Prestigiacomo. Una mossa del genere, tanto più se fatta fianco a fianco con il rosso Fratoianni, rischia rivelarsi disastrosa per l’elettorato, e i commenti sui social infatti erano ieri devastanti, ma anche di offrire un’arma acuminata proprio a quel Salvini che Berlusconi vorrebbe inchiodare all’immagine di propagandista senza sostanza, capace di tenere in mezzo al mare 47 disgraziati ma non di espellere i «clandestini» come promesso. Il commento del fedelissimo Mulè è una frecciata indirizzata sia alla deputata siciliana che al leghista: «Su quella nave non dovrebbero salire i parlamentari ma il buon senso».

Il vero scontro interno a Fi è su questo. Ieri, intervistato dal Corriere, il governatore ligure Toti non la ha mandata a dire: «Dovremmo costruire ponti con la Lega invece li spingiamo sempre più verso M5S». Non si tratta di sfumature ma di opzioni strategiche opposte: un’ala del partito azzurro vuole competere con la Lega, sempre in vista di un’alleanza di governo futura ma non troppo subalterna; un’atra mira invece a ricompattare un vero fronte unico con il Carroccio.
Gli attacchi azzurri non fanno certo piacere al leader della Lega e lo convincono anzi sempre più che un governo con Fi sarebbe più lui molto più ostico di quello con Di Maio. Ma anche su quel fronte le spine si fanno sempre più acuminate.

Ufficialmente Salvini è pronto ad accettare di buon grado il voto a favore all’autorizzazione a procedere dei soci in giallo. «Votino secondo coscienza, io non ho bisogno di aiutini». Poi però aggiunge un «Come voteranno M5S e Fi lo lascio decidere a loro», più sibillino. E soprattutto, nel pomeriggio, arriva una nota congiunta dei capigruppo leghisti Romeo e Molinari: processare Salvini, scrivono, «significa inequivocabilmente tentare di processare il governo». E’ un segnale preciso. Il voto dei 5S non implicherà la crisi subito. Ma non sarà neppure dimenticato.