Ancora una giornata di bombardamenti sui diversi fronti aperti dai russi in Ucraina e, per ora, continua lo stallo delle truppe di terra. Kiev non è stata attaccata in forze e da sud si riesce a uscire dalla città. Ciò vuol dire che l’assedio non è totale e che sia la famosa colonna corazzata di 64 chilometri arrivata alla fine della prima settimana di guerra, sia i rinforzi di questi giorni, non sono riusciti nell’operazione di isolarla.

Secondo Oleksandr Gruzevich, vice-capo di stato maggiore delle forze di terra ucraine, i militari stanno lavorando alla terza linea di difesa intorno alla capitale e «la città si sta preparando come una fortezza».
Anche a Odessa si rinforzano le difese e si lavora alacremente per aumentare le fortificazioni e sanare i punti deboli. Stamane siamo stati al piccolo porto della spiaggia di Otrada dove decine di volontari riempiono sacchi di sabbia ammucchiata da un’escavatrice al centro della spiaggia. È uno spettacolo davvero insolito assistere a tanta organizzazione in un contesto del genere nel ventunesimo secolo. La guerra, che immaginiamo condotta con dispositivi sofisticatissimi, Intelligenza Artificiale e mezzi robotizzati, qui assume una forma strana, più umana se così si può dire senza implicazioni etiche.

C’è chi raccoglie con una pala la sabbia dal mucchio creato dall’escavatrice, ai suoi piedi si alternano persone di tutte le età che tengono i bordi di un sacchetto di plastica, di quelli che si usano per il cemento nei cantieri, e poi li legano con lo spago. C’è chi porta i sacchetti vuoti e li distribuisce e chi invece carica quelli pieni fino al bordo della rimessa dove inizia una catena umana che arriva fino a un ponteggio dove un carroattrezzi attende con il motore acceso. I sacchetti volano di braccia in braccia, persino qui c’è chi fa scherzi al vicino mimando il lancio per farlo spaventare e chi viene preso in giro perché il lancio era storto. Poi ci sono i volontari che preparano un buonissimo tè caldo e il caffè e chi si occupa della zuppa. Anche rileggendo il paragrafo appena scritto ci rendiamo conto che potrebbe essere una scena raccontata nel XIX secolo, se non prima. Ma è oggi, a quasi un mese dall’ingresso dei carrarmati di Mosca in territorio ucraino.

FA FREDDISSIMO in riva al mare. C’è mare grosso e il vento gelido dei giorni scorsi è tornato a soffiare forte. I volontari sono rossi in volto e dai cappucci dei giacconi chini sui sacchi a volte si vede solo la nuvoletta di vapore del respiro. Ci sono molte signore anziane, instancabili e, tutto sommato, di buon umore. Sembra che si siano assunte il ruolo di tenere alto il morale di tutti e scherzano con i ragazzi che portano più sacchi dicendogli che vogliono mettersi in mostra, incitano i bambini a non battere la fiacca e prendono in giro gli adolescenti ammonendoli che non sono a scuola, che «qui si deve lavorare davvero». Ricordano tanti ritratti di donne antiche del mondo contadino, hanno i fazzoletti sul capo, in molte indossano gonne lunghe di panno e un paio avevano addirittura le scarpe nere con il tacco basso.

È tutto strano, tutto anacronistico, come questa guerra del resto. Eppure in questi momenti sembra che l’umanità a cui accennavamo prima si annidi davvero dovunque e per un attimo ci si dimentica che quelle persone stanno preparando sacchi di sabbia che faranno da scudo a uomini armati intenti a fronteggiare altri uomini armati venuti per conquistare la loro città. Oppure che quei sacchi bianchi si tingeranno di sangue, saranno slabbrati come le carni colpite dai mortai, rotti e deformati come i palazzi dopo i bombardamenti. Forse la tecnologia che avrebbe dovuto dare forma ai nuovi conflitti in realtà è riuscita solo ad allontanarci dalla consapevolezza che il protagonista della guerra è sempre lo stesso: la morte.

LA STESSA che sentiamo raccontare tutti i giorni da Mariupol. Qui, i soccorritori hanno continuato a cercare i sopravvissuti del bombardamento aereo russo sul teatro comunale all’interno del quale si erano rifugiate centinaia di persone. Da mercoledì non si riesce ad avere una stima chiara delle vittime. Il Commissario per i diritti umani del parlamento ucraino stamattina ha dichiarato che finora si ha contezza di 130 sopravvissuti, ma che altre centinaia risultano «dispersi».

L’IPOTESI MIGLIORE si può formulare con le parole di Petro Andrushchenko, un funzionario dell’ufficio del sindaco: «il rifugio antiaereo sotterraneo del teatro è relativamente moderno ed è stato progettato proprio per resistere ai bombardamenti. Ad oggi, l’esercito russo ha negato di aver bombardato il teatro o qualsiasi altro posto a Mariupol».

SUL FRONTE occidentale la giornata è iniziata molto presto con la notizia di un attacco missilistico a Leopoli. Stando alle dichiarazioni del comando occidentale dell’aeronautica ucraina, sei missili sarebbero stati lanciati dal Mar Nero verso una struttura militare per la riparazione degli aerei, tra il capoluogo e la frontiera polacca. Di queste testate due sarebbero state abbattute dalla contraerea ucraina e il resto è andato a segno danneggiando gravemente anche una struttura per la riparazione degli autobus. Nessuna vittima è stata riportata. Anche perché, come ha spiegato il sindaco di Leopoli attraverso un messaggio su Telegram, «la struttura aveva fermato i lavori prima dell’attacco».

I BOMBARDAMENTI dell’alba hanno anche colpito un edificio residenziale nel quartiere Podil di Kiev, uccidendo almeno una persona, ferendone 19 e costringendone un centinaio ad evacuare la zona (dati del servizio di emergenza di Kiev). Podil si trova dall’altro lato della collina Volodymyr che ospita la storica cattedrale di Sant’Andrea, uno dei simboli della capitale ucraina. Altre due vittime si registrano a Kramatorsk, nel Donbass sotto controllo ucraino, in seguito al bombardamento di edifici residenziali e amministrativi vicini al centro della città.

Chiudiamo con delle cifre per cercare di mettere un po’ d’ordine nei dati che si sentono da più parti in questi giorni. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, le vittime civili accertate dal 24 febbraio a oggi sono 816 e 1.333 i feriti. L’agenzia specifica che il conteggio tiene conto solo dei dati ad oggi verificabili e che le cifre potrebbero essere molto sottostimate. Secondo i funzionari ucraini, invece, i morti tra la popolazione civile sarebbero già nell’ordine delle migliaia. Un altro report più che significativo è arrivato dall’Organizzazione mondiale della sanità che finora ha verificato 43 attacchi a ospedali e strutture sanitarie nei quali sono state uccise 12 persone e ferite 34. Anche questi numeri vanno considerati parziali, ma almeno sono di un’istituzione super partes.